UNA VIAGGIATRICE IMBRUTTITA DAI RITARDI (E DALLE PARTENZE)
Caro Schiavi, sono una viaggiatrice milanese imbruttita: pochi minuti fa ho perso il treno 14011 partito in perfetto orario alle 9.34 da Gallarate. Ha fatto scendere i passeggeri, ha chiuso le porte alle 9.33 (cioè un minuto o qualche secondo prima, come prescrive il regolamento) e ha lasciato fuori me ed altri due o tre viaggiatori davanti alle porte che sono rimaste chiuse fino alla regolarissima partenza, come da protocollo Trenord e forse anche Trenitalia. Non è la prima volta: è già successo. Praticamente, nelle rare occasioni in cui il treno è riuscito ad arrivare in orario ed io pure ma «al pelo». Una volta le porte sono rimaste chiuse per quasi due minuti (evidentemente c’era il semaforo rosso) . Ho scritto all’Ufficio reclami: figuriamoci… È arrivata la cortese risposta che sottolineava «il rispetto del regolamento».
Allora, masochisticamente, scrivo di nuovo. Sono indignata e questo sfogo, forse sterile, serve per esorcizzare il mio senso di impotenza . È la ricerca di una condivisione, affinché quello che non sanno fare i dirigenti — cioè usare il buon senso — sia applicato dalle persone che a Trenord lavorano nei vari ruoli. Quando parli con uno di loro (capotreno e addetto alla biglietteria ) sembra infastidito. Si pone subito in maniera antagonista. Anche se gli si chiede di dialogare in modo educato. Il trasporto ferroviario lombardo è malato di endemico ritardo. Non passa giorno in cui io e gli altri disgraziati utenti dobbiamo sopportare attese e soppressioni, perché si rompe qualcosa. Non passa giorno in cui dopo un duro lavoro dobbiamo subire l’ulteriore furto del tempo della nostra vita da parte di un treno che giunge a destinazione con i consueti minuti di ritardo — da 5 a 15 — che diventano mezz’ora e anche più quando c’è il maltempo. Perciò, l’unica volta in cui un treno è in orario il suo conducente si pavoneggia e ci tiene a dimostrarlo tagliandomi, anzi, tagliandoci fuori. I regolamenti sono regolamenti, ma sono creati da uomini per gli uomini e quindi vanno applicati dagli uomini con umanità.
Cara Fiorillo, nella sua mail — scritta in diretta dopo aver perso il treno che la doveva portare nel suo ufficio di magistrato a Milano — oltre al disagio si aggiunge l’amarezza, un sentimento che provano tanti pendolari alle prese con il festival dei ritardi. C’è un senso di ingiustizia da rimuovere: Trenord si dia una mossa.