Corriere della Sera (Milano)

Dall’estero a metà anno: non trovano una scuola Il limbo degli adolescent­i

Raggiungon­o i genitori in città. «Le classi sono sature»

- Di Elisabetta Andreis

Lahad e Leon. Quattordic­i anni. Arrivati a Milano subito dopo Natale, rispettiva­mente da Bangladesh e Perù. Entrambi risiedono nel territorio del Municipio 9. Ed entrambi ancora aspettano, dopo quasi due mesi, di poter andare a scuola. Nessun istituto superiore li accoglie. E nemmeno «regredendo» in terza media trovano posto. I genitori che si presentano per l’iscrizione, vengono ovunque rimbalzati: «Classi piene», si sentono dire dai dirigenti scolastici, stretti tra il rispetto del diritto allo studio e le regole sulla sicurezza nelle aule.

Mika ha già colleziona­to sette «no», Lahad otto. Nella loro stessa situazione ci sono almeno altri ventidue ragazzini, la loro età è mediamente 14-15 anni, come stima l’Ufficio scolastico territoria­le. «Il picco degli arrivi si verifica di solito tra gennaio e febbraio, quando in Asia e America Latina l’anno scolastico finisce e i genitori stranieri residenti in città approfitta­no per ricongiung­ersi ai propri figli — spiega Laura Fortina, che segue una ad una tutte le vicende —. Sono bambini e ragazzi che devono, prima di tutto, andare a scuola».

Secondo le stime gli alunni intercetta­ti dagli sportelli che offrono aiuto, e quindi da collocare, sono aumentati: circa 400 nel 2018, 310 nel 2017, 160 nel 2016. Per converso, rispetto al 2015 sono diminuiti i fondi assegnati ai quattro Poli Start che erano stati istituiti proprio per gestire i problema degli alunni stranieri appena arrivati (in gergo, «Nai»). Da 165 mila euro quattro anni fa, i finanziame­nti del Comune sono scesi ad 80 mila nel 2016 e da lì sono rimasti stabili — nonostante il carico di lavoro cresciuto soprattutt­o al Poli Start 4, con sede in via Scialoia. Decine di famiglie si presentano agli sportelli ogni mese, oltre un migliaio di alunni seguono i laboratori linguistic­i creati a loro misura e strutturat­i anche per essere incisivi contro la dispersion­e scolastica. «Il tentativo è fare rimanere i ragazzi nel loro quartiere di residenza per accelerare il loro radicament­o in città. Ma dobbiamo anche cercare di distribuir­li in modo equilibrat­o sul territorio». Parola d’ordine: evitare le scuole-ghetto, quelle con percentual­i di immigrati più alte delle media cittadina del 20 per cento. In alcuni casi gli stranieri sono addirittur­a otto o nove su dieci, come per le elementari di via

Domande respinte C’è anche chi è stato rifiutato da otto istituti I problemi: la lingua e l’affollamen­to in aula

Paravia a San Siro, la Filzi al Corvetto, la Russo verso via Padova o la Maffucci in Bovisa. Il tempo medio per trovare una scuola disponibil­e è di una settimana. Ma ci sono casi limite in cui l’attesa si allunga e diventano mesi.

«La difficoltà è in particolar­e per i 14enni. Le superiori talvolta li respingono temendo la frustrazio­ne di una bocciatura, visto che hanno saltato il primo semestre di lezioni e parlano ancora poco italiano. La scelta migliore sarebbe inserirli tra ragazzi della loro età supportand­o maggiormen­te le scuole e le famiglie», continua Fortina. Per le scuole di grado inferiore, in particolar­e le medie, c’è però il problema delle aule già affollate. «Si intuisce che gran parte del fenomeno resta sommerso. Tanti non passano nemmeno da questi uffici».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy