L’esposizione
Totem di legno, ferro, carta L’Alfabeto arcaico di Franca Ghitti in mostra alle Gallerie d’Italia
Legni, metalli, pietre, scarti di lavorazione. Impiegati per tessere e comporre tracce di gesti ripetuti, memorie di sapienza artigiana e popolare, segni di culture tramandate che riemergono da epoche lontane. Ancora solo per oggi e domani alle Gallerie d’Italia si possono vedere esposti i lavori, moderni e antichissimi al tempo stesso, di Franca Ghitti (Erbanno 1932 – Brescia 2012): tra questi alcuni pezzi, come una «Vicinia» del 1976 e un «Tondo» del 1980, acquisiti di recente dal museo per la sua collezione d’arte contemporanea (piazza Scala 6, ore 9.30- 19.30, euro 10/ 7 , www. gallerieditalia. com). Curata da Cecilia De Carli della Fondazione Archivio Franca Ghitti e intitolata «Franca Ghitti: Altri Alfabeti. Sculture, installazioni e opere su carta», la mostra riesce a restituire un’idea esauriente del percorso dell’artista con opere esemplari distribuite tra gli anni Sessanta e i Duemila.
Il termine «alfabeti» non è usato a caso: alfabeti perduti, diceva Franca parlando del suo stesso linguaggio espressivo, «… inventari di segni, tacche, nodi, coppelle che ho voluto portare nella mia scultura, consapevole che essi rappresentano una sorta di lingua specifica quasi alternativa usata da segantini, fabbri, carpentieri, fucinieri, mugnai, pastori e contadini». Una scultura – scrittura, un vocabolario di simboli arcaico e universale che ha attinto a molte fonti diverse. Ghitti era originaria della Val Camonica, celebre per le incisioni rupestri di epoca preistorica. Era legatissima a storie e tradizioni della sua terra, dove la famiglia era proprietaria di una segheria: fin da bambina era già stata attratta dalle infinite possibilità del legno, dall’incisione, dall’incastro. Dopo il diploma all’Accademia di Brera a Milano si era aggiornata ulteriormente sulla modernità a Parigi e a Salisburgo, poi tra 1969 e 1971 aveva vissuto due anni in Kenia arricchendo il suo bagaglio di colori e immagini. Tra le opere in mostra anche il «Bosco», piccola selva di totem intagliati, le «Meridiane» con i loro spazi concentrici e le «Pagine chiodate», irrimediabilmente ferite dalla punte aguzze del ferro.