Corriere della Sera (Milano)

INCERTEZZA IL VIRUS DA BATTERE

- Di Stefano Righi

C’è in giro un virus terribile, capace di uccidere ogni istinto economico, a qualsiasi livello. Si chiama incertezza e non fa distinzion­e tra società quotate e piccoli artigiani. Affonda le sue radici in quella che gli anglosasso­ni definiscon­o macroframe, la cornice dentro la quale disegnare il proprio business. L’imprendito­re chiede poche cose, ma pretende risposte chiare e definitive: vuole sapere cosa serve per aprire una fabbrica, un negozio o assumere una persona, quali sono le leggi da rispettare, quali e quante le tasse da pagare. Le più grandi imprese straniere in Italia, al momento di investire, talvolta tirano il freno a mano perché non si fidano del quadro normativo, non comprendon­o i tempi infiniti della burocrazia. I dati che arrivano da Assolombar­da si possono spiegare solo con la diffusione di quel virus. Negli ultimi tre mesi del 2018, quelli dei consumi più spinti conclusi con il Natale, il «lavoro in somministr­azione» ha registrato un calo del 58 per cento nelle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza. A Brescia si sono fermati a un -43 per cento, ma alla fine i conti sono chiari: 25 mila lavoratori in meno. In calo soprattutt­o il commercio, settore su cui grava l’annunciata chiusura domenicale. Dal 2013 la domanda di questo tipo di lavoro era più che raddoppiat­a, nel 2018 è scesa del 10 per cento. Dev’essere il virus. Perché se in Lombardia la frenata è così decisa, chissà cosa è successo dalle altre parti.

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