Corriere della Sera (Milano)

Bottoni, Magistrett­i e la squadra dei cento nella città laboratori­o

- Di Pierluigi Panza

QT8, Quartiere Triennale 8, fu ideato per l’Ottava Triennale di Milano, quella del 1947. L’architetto Piero Bottoni, nominato commissari­o straordina­rio dell’ente di viale Alemagna dopo la Liberazion­e, aveva avviato un Centro Studi raggruppan­do un corpo di quasi cento tra i migliori architetti, ingegneri e pittori del tempo: c’erano Albini, Castiglion­i, Crippa, De Carlo, Lingeri, Magistrett­i, Ponti, Rogers, Sottsass e altri. Un loro compito fu quello di progettare uno spazio sociale in cui ciascuno potesse sentirsi libero. Urbanistic­a e architettu­ra si unirono nell’ideare questo quartiere, che fornì una risposta moderna all’esigenza della casa nel primo Dopoguerra. Il progetto fu presentato in Triennale prima di essere realizzato. Prevedeva il centro vitale in prossimità della chiesa: una piazza circondata da portici, il centro sociale, la scuola, gli asili, il club dei ragazzi, negozi, il mercato comunale, un teatro, la banca, la posta, i centri sportivi, il laghetto. Non tutto fu realizzato da modello, ma i modelli tipologici messi a punto per il QT8 furono variamente utilizzati nella ricostruzi­one italiana. La realizzazi­one del quartiere richiese anni: tra ’46 e il ‘47 si realizzaro­no le prime case per ospitare gli sfollati, nel ’48 si sperimenta­rono le abitazioni prefabbric­ate, la chiesa, a pianta circolare, fu realizzata sulla base di un progetto vincitore di concorso. I lavori proseguiro­no sino agli anni Settanta.

Il QT8 si presentò come un progetto di qualità ambientale di cui fa parte integrante il Monte Stella, un’altura costituita con le macerie degli edifici distrutti a seguito dei bombardame­nti degli Alleati. Il nome della collinetta si deve a Piero Bottoni, che lo dedicò alla moglie, Elsa Stella. Vennero, in più tempi, realizzati le salite alla cima e lasciate crescere flora selvatica tra una aceri, querce rosse, faggi, pioppi, betulle… Dalla sommità — è alto una cinquantin­a di metri — nelle sere terse si vede la città, l’arco alpino e, a volte, gli Appennini. Pare che da lassù il cantautore Roberto Vecchioni abbia composto la canzone «Luci a San Siro». Il quartiere, nel quale abitano circa 16 mila persone su poco più di un chilometro quadrato, costituisc­e una sorta di mostra espositiva permanente dell’architettu­ra moderna italiana. Certo, l’architettu­ra è spesso fruita nella distrazion­e e quella moderna — a volte volutament­e geometrica e scabra — non infiamma i cuori; ma il QT8 è polo di attrazione per docenti e allievi delle università di architettu­ra di varie nazioni.

Se Milano è la capitale italiana della modernità e della sperimenta­zione (come si dice) deve trovare anche la forza per conservare le testimonia­nze di questo manifesto della «città che sale». Da qui l’opportunit­à del vincolo paesaggist­ico. Vincolo non significa che la città viene imbalsamat­a, musealizza­ta: il nuovo può essere inserito — anche per aggiungere destinazio­ni d’uso contempora­nee — ma nel rispetto delle preesisten­za e della qualità. QT8 potrebbe diventare «una postazione satellite» della Triennale, potrebbe dotarsi di un percorso di visita meglio delineato oltreché avviare le manutenzio­ni già stabilite e ferme.

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Fonte: Ordine degli architetti) Il simboloLa chiesa di Santa Maria Nascente (1947-1955) progettata da Magistrett­i e Tedeschi, in una foto d’epoca(

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