«Prima i ticinesi» Il cantone va al voto, attacchi ai frontalieri
Elezioni il 7 aprile, la destra contro i lavoratori lombardi
COMO Blocco dei ristorni dei frontalieri; tetto al numero di lavoratori stranieri; disdetta unilaterale dell’accordo tra Italia e Svizzera del 1974. La chiamata alle urne dei ticinesi, che il prossimo 7 aprile dovranno eleggere governo e parlamento cantonale, riaccende la battaglia contro i lavoratori che provengono da oltreconfine. La guerra agli italiani, accusati di «rubare» il lavoro agli svizzeri, è uno dei principali cavalli di battaglia di alcuni partiti ticinesi, che hanno già affilato le armi contro i vicini per la campagna elettorale. Gli oltre 60mila lavoratori, provenienti soprattutto dalle province di Como e di Varese, che ogni giorno varcano il confine per andare a lavorare sono tornati da settimane nel mirino dei politici elvetici, al suono di «I ticinesi sono stufi di pagare per tutti» oppure «A noi non piace farci prendere in giro dall’Italia», senza dimenticare il sempreverde «Prima i nostri». Alla Lega dei Ticinesi e all’Unione Democratica di Centro (Udc), tradizionalmente schierati contro i lavoratori frontalieri, in questa campagna elettorale si è aggiunto anche il Partito Liberale Radicale. Il Plr, con una mozione presentata in Gran Consiglio, chiede al governo di Bellinzona «di richiamare l’ipotesi di una disdetta unilaterale dell’accordo sui frontalieri del 1974 sulla doppia imposizione fiscale siglati con l’Italia».
Il tentativo è sempre quello di toccare il tasto economico, chiedendo di bloccare i ristorni dei frontalieri, ovvero la quota delle tasse versate dai lavoratori italiani nelle casse elvetiche destinata a tornare ai Comuni di residenza o alla Regione. Cifre a sette zeri, visto che il conto ammonta ogni anno ad alcune decine di milioni di euro. Nelle scorse settimane, a più riprese, la proposta è stata presentata con toni più o meno bellicosi da tutti i partiti. Durante la presentazione dei candidati della Lega dei Ticinesi per le elezioni del prossimo 7 aprile, il presidente del governo di Bellinzona, Claudio Zali, ha chiesto di bloccare subito, in modo unilaterale il trasferimento dei soldi all’Italia. Il consigliere regionale leghista Lorenzo Quadri ha rincarato la dose con un’interpellanza al consiglio federale, accusando l ’ I tal ia di voler affossare il nuovo accordo sull’imposizione fiscale. Richiesta analoga anche dall’esponente dell’Udc Marco Chiesa.
Attacchi che hanno suscitato numerose reazioni sul versante italiano, dal presidente del consiglio regionale Alessandro Fermi («L’accordo fiscale non si tocca, nonostante le dichiarazioni della Lega dei Ticinesi che appaiono assolutamente strumentali » ) , all’esponente del Pd Angelo Orsenigo, segretario della commissione speciale rapporti tra Lombardia e Confederazione Elvetica, che ha chiesto la convocazione di una riunione urgente.
"Il Partito Democratico «Minacce che vanno prese sul serio anche se gli elvetici sono in piena campagna elettorale»
"La Regione «L’accordo fiscale non si tocca nonostante le dichiarazioni di alcuni esponenti politici»
«Le minacce del Ticino verso i nostri Comuni vanno prese molto sul serio — ha detto —, anche se stiamo parlando di temi da campagna elettorale».
Un assist ai frontalieri nelle scorse ore è arrivato però proprio dalla stessa Svizzera, precisamente dal governo di Berna. In un documento ufficiale, rispondendo alle interpellanze di Quadri e Chiesa, il governo ha ribadito il «no» a colpi di mano del Ticino e a ritorsioni contro i Comuni della fascia di confine. Non solo. Oltre a bloccare qualsiasi tentativo di boicottaggio degli accordi del 1974, Berna ha anche evidenziato come, l’intesa, in realtà, abbia effetti positivi per la Confederazione Elvetica. L’ennesima presa di posizione che non basterà ad evitare ai frontalieri le bordate dei ticinesi. Almeno, fino al 7 aprile.