Corriere della Sera (Milano)

DONNE IL MERITO NEGATO

- Di Rita Querzè

Ci voleva Chiara e il suo disperato appello ospitato su queste pagine — «Aiutatemi a resistere nel mio posto di lavoro anche se mi sono presa il “lusso” di avere il secondo figlio» — per costringer­ci a fare i conti con la sofferenza che le donne vivono ogni giorno in fabbriche e uffici. È infatti molto più di un disagio quello che pressoché tutte sfogano solo a voce bassa, nell’anonimato, al massimo davanti a un operatore del sindacato, come carbonare rassegnate al fatto che non toccherà a loro vedere la rivoluzion­e di donne valutate finalmente in base al merito.

Ora il punto è: quali passi avanti sono stati fatti per una reale parità uomo-donna nei luoghi di lavoro? Pochi. I lievi progressi della seconda metà degli anni ’90 sono stati bloccati dalla crisi e ora dalla stagnazion­e. Ma un punto va riconosciu­to: in questi anni molte grandi imprese hanno cambiato mentalità. Lo testimonia­no l’attività di un’associazio­ne d’imprese come Valore D, determinat­a a promuovere il ruolo delle donne nel mercato del lavoro. O la posizione presa nei giorni scorsi dal presidente di Assolombar­da Carlo Bonomi, che all’assemblea annuale è arrivato ad auspicare un allungamen­to della maternità. Il problema è che la realtà produttiva del Paese è fatta sempre più di microimpre­se. Le associazio­ni dei piccoli hanno di fronte una grande sfida (e una grande opportunit­à): farsi motore di un cambiament­o nella direzione di una maggiore valorizzaz­ione delle donne. Come hanno capito per prime le grandi aziende, reali pari opportunit­à per le dipendenti fanno bene ai bilanci.

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