Cannabis, chiuso il 16% dei negozi
Il mercato scosso dalle sentenze. La consegna a domicilio nuova frontiera della «light»
La cannabis light arriva a domicilio e diventa il prodotto più richiesto dopo il cibo. Pubblicità (in particolare vicino alle scuole), portali, rider. Un nuovo business che traina un mercato in leggera crisi, dopo il boom che aveva portato l’offerta a superare la domanda e l’ultima sentenza di maggio della Cassazione che aveva causato la chiusura del 15 per cento dei negozi in città. È la prima volta che succede dal 2016. Nascono però nuovi business. Come quello della «canapa gourmet», con la nuova apertura ad opera di quattro imprenditori milanesi di Canapé in via Moscova. Cocktail e piatti con ambizioni stellate tutti a base canapa.
Non solo pizza, sushi e gelato. Le consegne a domicilio galoppano anche per la cannabis. Le maxi affissioni campeggiano, in particolare vicino alle scuole. Justmaryfun.it, «il primo delivery di Milano, in 45 minuti» è solo un esempio. All’indirizzo, qualunque sia l’età di chi ordina, arrivano direttamente infiorescenze, semi, resine, caramelle. I portali si moltiplicano, ormai anche i rider di Glovo rispondono al richiamo. Basta un click. «La cannabis light è diventata il prodotto più richiesto a domicilio dopo il cibo», assicura Paolo Valentino da My Grass di via Torricelli e via Ferrante Aporti. Eppure i negozi diminuiscono, per la prima volta dal 2016.
Pesa la sentenza della Cassazione che cinque mesi fa ha vietato la vendita a prescindere dal livello di principio attivo (è il venditore a provare che non c’è «effetto drogante»). A seguire ci sono stati i controlli a tappeto disposti dall’allora ministro Matteo Salvini, anche quelli hanno spaventato. «A giugno abbiamo chiuso un punto vendita. Rimanevamo soltanto in via Farini, ora con coraggio ne apriamo un altro, perché il segreto è creare sinergie tra vari negozi — spiega Tommaso Finzi di GreenToGo —. Ma lavoriamo nella paura di nuove norme restrittive, nell’incertezza».
C’entrano anche le leggi di mercato. «Ad un certo punto l’offerta è diventata eccessiva rispetto alla domanda», interpreta Camera di Commercio. Secondo i suoi dati, a maggio c’erano 29 catene (per oltre 50 punti vendita registrati cui si aggiungevano quelli con dicitura «mascherata»): ora sono 25 (shop in calo del 16 per cento in cinque mesi). A soccombere sono i piccoli.
I più strutturati rilanciano, al contrario. Si ingrandiscono. Puntano sull’online e sugli investimenti pubblicitari. A parte JustMary (che si candida ad una prossima quotazione in borsa), il Cannabis Amsterdam store di via Medici ha attivato un gettonatissimo servizio live-chat, il negozio Mr Nice di J-Ax e del fratello rapper Grido, al secolo Luca Aleotti, in via Bertini, il 18 lancerà nuove linee di prodotti, servizio 24 ore su 24 e presto acquisto tramite una App dedicata. L’importante è esserci. In via Torino, corso Buenos Aires e Darsena spunta il venditore ambulante. Nella zona Colonne di San Lorenzo diventata una sorta di distretto, Cbd Flowers in via Urbano III punta sui prodotti da collezione e uso terapeutico: «Faremo presentazioni nelle farmacie», annuncia Alessandro Belloni. Ognuno affina la propria strategia.
La svolta
Maxi affissioni vicino alle scuole. Dopo l’alt dei giudici meno negozi e diversa strategia
Tutto era partito con la legge 242 del 2016 che promuoveva gli utilizzi della canapa a fini alimentari, tessili, cosmetici e bioedilizi e consentiva il commercio dei derivati con principio psicoattivo Thc inferiore allo 0,2 per cento (con soglia di tolleranza fino a 0,5). Da quel momento i negozi si sono moltiplicati — e in parallelo, i terreni coltivati a canapa sativa (160 ettari in Lombardia, buona parte dei quali finalizzati alla produzione di infiorescenze per grow shop). L’offerta è aumentata dunque in modo incontrollato e velocissimo, fino a superare la domanda di cannabis light.
«In attesa di regolamentazione più chiare, preoccupa il messaggio confusivo che arriva agli adolescenti — fa notare Simone Feder, alla guida della comunità Casa del giovane di Pavia —. Questo tipo di pubblicità ovunque induce a credere che la cannabis sia legalizzata, mentre così non è». Il timore è che i ragazzi più piccoli non facciano differenza tra “prodotti”. «Cadono nella trappola di comprarla in piazza dove costa meno, e alzano precocemente l’asticella della trasgressione». Feder, in prima linea nel contrasto alle dipendenze, sottolinea che in piazza il Thc arriva ormai al 30 per cento. Qui si tratta di un mercato diverso, il target principale sono gli anziani e gli adulti. «Ma gli effetti su tutte le fasce d’età, sono stati ben calcolati?».
L’esperto
Preoccupa il messaggio che arriva agli adolescenti e li induce a credere che la cannabis sia legale mentre non è così. Poi potrebbero comprarla in piazza dove costa meno