Strage Pioltello Indagato top manager
Con l’ex direttore della sicurezza (Ansf) e il suo vice sono 13 le persone inquisite
Spuntano due nuovi indagati nell’inchiesta sul disastro ferroviario di Pioltello, che il 25 gennaio del 2018 costò la vita di tre persone e il ferimento di una cinquantina. Sono l’allora direttore dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie e il suo vice. In totale sono 13 le persone finite sotto inchiesta.
Ci sono altri due nuovi indagati nell’inchiesta sul disastro ferroviario di Pioltello, che il 25 gennaio del 2018 costò la vita di tre persone e il ferimento di una cinquantina. Sono l’allora direttore dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie e il suo vice. I loro nomi fanno lievitare a 13 il numero delle persone finite fino ad ora sotto inchiesta per disastro ferroviario colposo e altri reati. Anche per loro i pm milanesi ipotizzano carenze, se non assenze, nei controlli sui binari di una linea che è tra le più trafficate d’Italia.
L’inchiesta è ormai alle battute finali e i sostituti procuratori Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, che hanno indagato sotto il coordinamento dell’aggiunto Tiziana Siciliano, si apprestano a depositare l’avviso di conclusione delle indagini. Agli iniziali otto indagati, tra cui i massimi vertici di Rete ferroviaria italiana, l’azienda che gestisce le linee dei binari e le strutture collegate, e di Trenord, che invece gestiva il convoglio, a giugno scorso si aggiunsero altri tre dirigenti di Rfi. Ora è la volta del direttore dell’ Ansf all’epoca dell’incidente, Amedeo Gargiulo, che lasciò l’incarico a luglio 2018, e del suo vice.
La lunga perizia eseguita dai consulenti della Procura e le indagini della Polizia ferroviaria hanno concluso che la causa del deragliamento del treno, mentre alle 6 e 55 si trovava all’altezza della stazione di Pioltello lungo la linea Cremona-Milano, fu la rottura di una rotaia dalla quale si staccò un pezzo di acciaio di 23 centimetri alla congiunzione tra due rotaie. Quel giunto era difettoso da mesi ma nessuno si sarebbe preoccupato di sostituirlo. Il primo ad accorgersene fu un operaio di una squadra di manutenzione addirittura ad agosto 2017. Segnalò il problema ai suoi superiori scrivendo in una relazione, che è stata acquisita dagli investigatori, che andava sostituito «quanto prima». O almeno controllato costantemente usando gli ultrasuoni, come sostengono gli investigatori. Invece, non ci fu alcuna verifica, né ci sarebbe potuta essere dato che il treno «Galileo», che ha proprio questa funzione, era fermo per fare la manutenzione, e nessuno penserà di farlo usando le apparecchiature portatili che erano in dotazione ai tecnici.
Per l’accusa, però, ci sarebbero state altre segnalazioni che furono trascurate. Anche due degli indagati tra i dipendenti di Rfi avevano avvisato più volte che il giunto era in condizioni pessime, ma quelle che i pm definiscono le «falle nel sistema di gestione della sicurezza» non fecero partire l’allarme, dimostrando che i sistemi di verifiche su una linea sulla quale transitano 500 treni al giorno non erano idonei «ai fini della prevenzione di eventi come quello occorso».
L’unico intervento ad essere portato a termine sarebbe stata la tavoletta di legno, null’altro era che un pezzo di una vecchia traversina, che a novembre 2017 fu messa sotto il giunto il quale, a forza di oscillazioni, aveva scavato la massicciata. In quello stesso mese, i lavori di manutenzione che si sarebbero dovuti fare nell’ agosto precedente vennero finalmente messi in calendario, ma solo per l’aprile del 2018.
Tutti gli accertamenti tecnici fatti fino ad ora escludono difetti o rotture nella motrice e nei vagoni del treno. Di conseguenza, è molto probabile che i pm possano chiedere l’archiviazione dell’indagine nei confronti degli indagati di Trenord.
L’iter
I magistrati a breve depositeranno l’avviso di conclusione delle indagini