Il vigneto degli scienziati
Mappe genetiche del gusto, tesi di laurea e poltrone che rilevano reazioni emotive La cantina-laboratorio dell’Oltrepò che traghetta il Pinot nero nel futuro
Dalla meccatronica al vino. Dai capannoni industriali della Brianza ai filari dell’Oltrepò pavese. Ma senza mai perdere di vista il loro punto di riferimento: il mondo. E senza cambiare l’approccio imprenditoriale basato sulla scienza. Anzi, su tutte le scienze. È questo il marchio di fabbrica (e di vigneto) dei fratelli Brambilla, produttori di vino e pionieri del neuromarketing. «Siamo semplicemente animati dalla grande passione per il vino e da una ancora più grande curiosità di conoscere, imparare, capire», minimizza Massimiliano Brambilla, il fratello maggiore. Ma la storia manageriale che sta dietro all’azienda vinicola Vigne Olcru di Santa Maria la Versa (in provincia di Pavia) parte da Brugherio, nel Monzese, dove aveva sede il gruppo Vemer, guidato dal padre Edoardo, che realizzava manufatti elettronico-meccanici in 24 siti produttivi e oltre 1.200 dipendenti sparsi nel mondo, da Manaus nell’Amazzonia brasiliana, a Shenzen nel sud della Cina. Ma nel 2001, due anni dopo la quotazione alla Borsa di Milano, la famiglia decide di cedere l’azienda. Edoardo Brambilla si mette «in pensione» a 50 anni e i due figli si occupano della gestione del non irrisorio patrimonio di famiglia. «Dopo tre anni, però, ci siamo accorti che la finanza non ci bastava, sentivamo il desiderio di tornare a produrre qualcosa — prosegue il racconto — e poiché ci univa una passione per il mondo del vino ci è venuta l’idea di aprire una cantina nostra».
Le risorse per un buon avviamento non mancavano, ma i due fratelli decidono di non avere fretta e investono sin dall’inizio in un progetto dal respiro lunghissimo: mettere in connessione università (docenti e studenti), scuole alberghiere, tecnici, sommelier, appassionati di vino attorno a un prodotto su tutti, il Pinot nero, «il vino per antonomasia, il benchmark mondiale». Massimiliano e Matteo Brambilla lavorano a quel piano per circa nove anni, vanno in giro per il mondo che già avevano esplorato con la meccatronica, visitano un migliaio di aziende, studiano i mercati e nel 2013, con gli incoraggiamenti del padre iniziano la produzione, forti della collaborazione con quattro università: Statale, Cattolica, Iulm e Pavia.
«Il mondo del vino è affascinante e complesso, da decodificare perché che abbraccia molti campi — spiega Massimiliano —per questo abbiamo creato un vivaio di conoscenze e idee». E nel suo accento brianzolo, che rievoca più industria che agricoltura, inizia a parlare di agronomia e meteorologia, o addirittura di pedologia (lo studio dei terreni) e nutraceutica (neologismo
Start up che fonde nutrizione e farmaceutica). Tutte discipline alle quali sostiene di essersi affacciato «perché sono molto curioso». Intanto l’azienda, che sebbene si stia facendo già spazio in Cina i fratelli Brambilla considerano ancora «una start up», esplora con metodo scientifico anche il fronte dei mercati con il neuromarketing. «Si tratta di rendere oggettivo ciò che sarebbe soltanto soggettivo», sintetizza Massimiliano Brambilla. E racconta della «poltrona sensoriale» in grado di misurare le reazioni emotive durante l’assaggio dei vini («Una sorta di macchina della verità agli estrogeni») e dell’idea di «una mappatura del gusto sulla base del patrimonio genetico dei diversi gruppi etnici».
L’intera cantina è pensata con criteri tecnico-scientifici ma sempre rivolta alle persone. Così, se da una parte ci sono dodici grandi monitor che raccontano ininterrottamente l’intera filiera produttiva, nelle vigne si aggirano studenti degli istituti alberghieri e magnati asiatici, che possono contare su filari intestati a loro e seguire a distanza la nascita del «loro» vino. E poi un’infinità di iniziative e progetti. Tutta roba che costa. Il famigerato break even, il passaggio agli utili, è ancora lontano, «ma intanto stiamo crescendo per qualità e come marchio — spiega Brambilla — . Su di noi sono già state realizzate 24 tesi di laurea. E tutto questo contribuisce a costruire una storia futura».