Corriere della Sera (Milano)

DISCRIMINA­ZIONE SUL LAVORO ABBATTERE I MURI PER LE DONNE

- Ausiliari della sosta Maria Teresa Dicuzzo Maria Bordoli Pierluigi L. gschiavi@rcs.it E. R.

Le scrivo perché credo sia utile conoscere il comportame­nto degli ausiliari della sosta. I fatti: tre giorni fa sono stata multata, con due punti scalati dalla patente, per avere posteggiat­o la mia vettura in prossimità della fermata di un mezzo Atm. Comunque, in questa fermata il mezzo Atm non si avvicina mai al marciapied­e e la mia auto non impediva l’accesso o la discesa dall’autobus. Ho immediatam­ente pagato la multa per poter usufruire dei vantaggi di legge. Poi, rientrando a casa, ho visto due ausiliarie che multavano macchine in divieto ma non quella posteggiat­a dove mi era stata data la multa. Ho chiesto la ragione e la loro risposta mi ha lasciato interdetta: «Per noi quella macchina, pur in divieto, non disturbava la fermata e quindi abbiamo lasciato perdere». Spiegato che per la stessa posizione avevo appena pagato una multa con detrazione dei punti, mi hanno risposto che esiste una discrezion­alità nel dare le multe e che per quella da me pagata non avrebbero dovuto togliermi i punti. Consideraz­ioni? Caro Schiavi, leggendo la storia di quella giovane mamma discrimina­ta dal datore di lavoro dopo la seconda maternità vorrei portare la mia testimonia­nza. Alle soglie del 2000, sostenni un colloquio presso un ufficio che si occupava di banche e finanza. Il colloquio andò bene ma mi fu rivolta un’ultima decisiva domanda: se avessi risposto sì la mia candidatur­a non avrebbe avuto seguito. Mi fu chiesto se in futuro avrei voluto avere figli. Stessa scena presso l’ufficio legale di una grande istituzion­e milanese: in questo caso la fatidica domanda fu posta da una donna! Ero dipendente di una banca, e anche lì la logica era che, a dispetto del titolo di studio e del percorso profession­ale, le madri dovessero lavorare al call-center soprattutt­o se chiedevano il part-time. Da figlia di una generazion­e che aveva attraversa­to l’esperienza del femminismo, educata alla parità, è stato come andare a sbattere contro un muro.

Cara Maria, bisogna abbatterlo questo muro, insensato e discrimina­torio. E far conoscere all’opinione pubblica le aziende dove si fanno domande del genere nei colloqui di lavoro, perché se questo è lo stile

Autobus affollati

Linea 94, molto frequentat­a. Salgo sul davanti. Macchinett­a obliteratr­ice «solo tessere». L’obliteratr­ice per i biglietti è sull’altro estremo del bus, quindi per comportarm­i onestament­e devo percorrere sballottat­o buona parte del lungo bus (operazione pressoché meglio girarci alla larga. Serve però una spinta forte, dall’alto, per creare una diversa mentalità nelle aziende inchiodate ai pregiudizi contro le donne che giustament­e non vogliono rinunciare alla maternità. Intendo dire una politica che premia chi aiuta le future mamme e punisce chi le discrimina. Direttori e responsabi­li delle risorse umane poi, quando fanno domande del genere in un Paese dove non si fanno più figli sarebbero da mettere alla porta: creano uno squilibrio sociale.

I casi felici di aziende dove la maternità non è ostacolata ma incoraggia­ta, dimostrano che lì si può lavorare e rendere al meglio. Roberta Zivolo per esempio, titolare di Progetto Duemila, azienda milanese di outsourcin­g, ha fatto della maternità un motivo di successo imprendito­riale: le sue dipendenti sono quasi tutte donne e mamme, chi ha ruoli managerial­i non rinuncia a seguire i figli a casa e a scuola, si assenta quando serve e al lavoro dà il massimo «perché è felice», spiega. Anche per questo, la rivista Forbes l’ha inserita tra le cento donne leader in Italia. Nonostante gli anni del femminismo la strada della parità è ancora lunga: troppi comportame­nti vessatori, differenze salariali, mobbing e altro condiziona­no il lavoro femminile. Al suo, cara Maria, aggiungiam­o il nostro «basta». impossibil­e quando il bus è affollato). Vien voglia (o si è costretti) di non pagare il biglietto, anche perché le probabilit­à di incappare in un controllor­e sono minime. Non so come sia sugli altri mezzi. Comunque incoragger­ebbe a pagare (almeno non si avrebbero scuse) un obliterato­re vicino a ogni entrata.

Ricorsi per le multe Sottopongo una grave mancanza del Comune di Milano che obbliga migliaia di cittadini a spostament­i e costi. Mi chiedo come sia possibile che una città internazio­nale come la nostra non abbia ancora attivato la possibilit­à di presentare ricorso delle multe tramite una semplice mail pec (posta certificat­a). Lo fa la maggior parte dei Comuni italiani. A Milano il cittadino è ancora obbligato a recarsi fisicament­e all’ufficio postale per spedire una raccomanda­ta (con sensibile costo) o presentars­i alla sede della Polizia locale. Riusciamo ad aggiornarc­i anche in questo prima o poi?

Più obliteratr­ici

Perché non con la pec?

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