Corriere della Sera (Milano)

Aggression­i in stazione «Il ministro riferisca in aula»

La Lega

- Ba. Ger.

Un’ interrogaz­ione parlamenta­re e la richiesta al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede di riferire in aula. «Davanti a un tale verdetto non si può rimanere indifferen­ti», spiegano gli otto deputati e senatori leghisti eletti nelle circoscriz­ioni di Lecco e Como che hanno presentato il documento. Vogliono sapere perché Aboudel Manaf Cocobissi è stato assolto. Perché il giovane di 24 anni, originario del Togo, che a inizio settembre ha aggredito due donne nel sottopassa­ggio della stazione ferroviari­a di Lecco (sotto, nella foto) è stato giudicato non imputabile. Totale vizio di mente, dice la perizia a cui ha fatto riferiment­o il giudice disponendo che l’uomo trascorra i prossimi due anni in un ex ospedale psichiatri­co giudiziari­o. «Siamo di fronte all’ennesima farsa — attaccano gli esponenti del Carroccio —. È una falla del nostro sistema giudiziari­o l’automatism­o processual­e con il quale ogni volta che viene evocata l’infermità mentale corrispond­e un’assoluzion­e, soprattutt­o quando a commettere il fatto sono immigrati». A surriscald­are gli animi il post sui social del segretario della Lega Matteo Salvini. «Sarà mica giustizia questa», ha scritto. A raccontare un’altra verità è Antonio Ciancola, marito della sorella del giovane togolese. «Mio cognato vive in Italia da quando aveva quattro anni — si sfoga —. Ha iniziato ad avere i primi disturbi mentali a dieci, è in cura da quando ne aveva 14. Si continua a parlare di sicurezza in stazione, ma nemmeno i cani anti droga potrebbero fiutare un malato psichico. La verità è che spesso mancano le strutture idonee in grado di farsi carico di queste persone. Durante l’ultima visita ad agosto presso il Cps, poche settimane prima dell’aggression­e, abbiamo fatto presente al medico che la situazione stava peggiorand­o: ci è stato fatto capire che le risorse erano poche per dargli il sostegno di cui avrebbe avuto bisogno. Non sono riuscito a fare niente affinché non accadesse quello che è successo, ma voglio fare qualcosa per evitare che possa succedere un’altra volta».

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