Corriere della Sera (Milano)

Senza il male non c’è bene

Riondino veste i panni del Diavolo al Piccolo

- di Claudia Cannella

Un romanzo fondante della letteratur­a del Novecento. Un’infinità di personaggi (circa 146) e una scrittura stratifica­ta che intreccia diversi piani, spaziali e temporali. È «Il Maestro e Margherita», scritto a più riprese da Michail Bulgakov tra il 1928 e il 1940 e pubblicato postumo a metà degli anni Sessanta. Letizia Russo, a cui si deve l’ardua impresa della riscrittur­a per la scena prodotta dal Teatro Stabile dell’Umbria, in cartellone da questa sera al Piccolo Teatro Strehler, opta con intelligen­za per l’evocazione e l’immaginazi­one come chiavi per immergersi nel mondo rutilante del romanzo. Conserva i tre nodi narrativi della vicenda — l’arrivo del Diavolo e dei suoi bizzarri aiutanti a gettare scompiglio nella Mosca degli anni Trenta, la tormentata storia d’amore tra il Maestro e Margherita, le angosce di Ponzio Pilato nel condannare Jeshua alla croce — e li conselates­ta: gna al regista Andrea Baracco forti di una lingua asciutta e di precisione chirurgica nel salvaguard­are i diversi registri (comico, tragico, satirico) che si intreccian­o nell’opera. Una scelta efficace e funzionale sia alla messinscen­a «da camera» realizzata da Baracco sia all’allestimen­to minimalist­a ideato da Marta Crisolini Mauna scatola di pareti nere come lavagne, su cui poter scrivere con dei gessetti, e pochi oggetti a ricreare alcuni ambienti.

«È un romanzo perturbant­e, complesso e articolato — dice il regista —, in cui si intreccian­o numerose linee narrative, e dentro il quale prendono vita un numero infinito di personaggi, che costituisc­ono una sorta di panorama dell’umano e del sovraumano. Si passa dal registro comico alla tirata tragica, dal varietà all’interrogar­si su quale sia la natura dell’uomo e dell’amore. Basso e alto convivono costanteme­nte creando un gioco quasi funambolic­o, pirotecnic­o, in cui ci si muove sempre sulla soglia dell’impossibil­e, del grottesco, della miseria e del sublime». Agli attori il compito, non facile, di dar vita a simile magma narrativo.

Nel ruolo del Diavolo (Woland) è Michele Riondino, affiancato da Federica Rosellini (Margherita) e da Francesco Bonomo (il Maestro e Ponzio Pilato). Con un trucco alla Joker, che lo rende sulfureo e sardonico, Riondino dà però al suo diabolico personaggi­o anche sfumature di malinconia e una certa claudicant­e stanchezza, forse per la fatica di essere considerat­o sempre e solo l’alter ego cattivo di Dio. «Infatti — spiega Riondino — nel romanzo di Bulgakov, Woland è in missione per conto di Dio e si palesa agli uomini per mostrare che esiste una zona d’ombra e di mistero. Non a caso a un certo punto dice: “Che cosa sarebbe il tuo bene, se non esistesse il male, e che aspetto avrebbe la terra se le ombre sparissero?”. Il male è quindi funzionale a dimostrare l’esistenza del bene e del sacro». Completano il cast Giordano Agrusta, Carolina Balucani, Caterina Fiocchetti, Michele Nani, Alessandro Pezzali, Francesco Bolo Rossini, Diego Sepe e Oskar Winiarski.

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 ??  ?? Versatile Michele Riondino, 40 anni, di Taranto, attore e anche cantante e chitarrist­a con i suoi Revolving Bridge. In tv è stato «Il giovane Montalbano»
Versatile Michele Riondino, 40 anni, di Taranto, attore e anche cantante e chitarrist­a con i suoi Revolving Bridge. In tv è stato «Il giovane Montalbano»

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