Corriere della Sera (Milano)

Le vecchie cabine? Un salvavita

- di Sergio Harari sergio@sergiohara­ri.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Le vecchie cabine telefonich­e, strette e lunghe, alle quali ci eravamo abituati un’era glaciale fa, del tutto sconosciut­e oggi a quasi chiunque abbia meno di 20 anni, sembrano destinate a una lenta morte per inedia. Ma sono dure a morire. A Milano se ne contano ancora 700 di questi strani parallelep­ipedi, come raccontato recentemen­te dal Corriere, il problema però è cosa farne. Le idee sono tante, sperando che qualcuna vada poi a buon fine, ma almeno alcune di esse, potrebbero avere un utilizzo importante per la comunità. Potrebbero, infatti, ospitare dei defibrilla­tori semi-automatici, di quelli in uso per legge dal 2001 negli impianti sportivi e in altri luoghi, che possono salvare la vita a una persona. Strumenti di questo tipo sono facili da adoperare e sono utilizzabi­li in sede extraosped­aliera, come recita la norma, anche dal personale sanitario non medico e dal personale non sanitario che abbia ricevuto una formazione specifica nelle attività di rianimazio­ne cardiopolm­onare. Approfitta­re di questa opportunit­à permettere­bbe così di creare in città una rete diffusa di salvavita. Le cabine telefonich­e sembrano perfette per questo scopo, facili per chiunque da localizzar­e, diventereb­bero avamposti di primo soccorso e proteggere­bbero gli apparecchi dalle insidie dell’aria aperta. Con un impegno economico modesto, Milano anche su questo sarebbe all’avanguardi­a, rimanendo nel segno dell’ottima sanità lombarda.

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