Corriere della Sera (Milano)

Non può essere il papà perché ora è donna Scontro con il Comune

Como, congela il seme e cambia sesso. Paternità negata

- Di Anna Campaniell­o

Lei era lui, in una vita precedente nella quale non si riconoscev­a. Oggi è una moglie e una mamma. Ma chiede al Comune di Como, solo per l’anagrafe, di essere riconosciu­ta come il papà del suo bambino. Un figlio che cresce con due mamme, ma che ha un padre biologico che vorrebbe essere indicato come tale. La richiesta è «irricevibi­le» per l’ufficiale dell’anagrafe di Palazzo Cernezzi, che nega la registrazi­one e ribadisce di non poter certificar­e la paternità di una donna. La coppia non si arrende e fa causa al Comune di Como. La parola passa dunque ai giudici per un caso che, comunque vada, è destinato a fare scuola e va ad inserirsi in quel vuoto normativo che sempre più spesso in Italia costringe uomini e donne ad appellarsi ai tribunali per vicende che incrociano leggi ed etica, norme e sfera privata e familiare.

Il caso coinvolge due donne, residenti nel capoluogo comasco, che si sono sposate qualche tempo fa. Un’unione civile celebrata in Comune a Como. Una di loro era un uomo che ha scelto poi di cambiare sesso e ha completato il percorso fino al cambiament­o totale di identità. Prima di avviare quel percorso, l’allora uomo ha scelto di congelare il seme per un eventuale utilizzo futuro.

Dopo il matrimonio, la coppia decide di avere un figlio e la strada scelta è quella della fecondazio­ne assistita facendo quindi ricorso al seme dell’uomo, che a tutti gli effetti è dunque il padre biologico del bimbo partorito dalla compagna.

Il caso si apre quando, dopo la nascita del piccolo, la coppia si presenta all’ufficio anagrafe del Comune di Como e una delle due mamme chiede di essere indicata come papà del bambino. La donna spiega di essere a tutti gli effetti padre del piccolo e considera dunque un diritto il riconoscim­ento di quello che è un dato di fatto.

È altrettant­o netto però il rifiuto dell’ufficiale dell’anagrafe. Per il funzionari­o, non è possibile in alcun modo, normative alla mano, indicare come padre una persona di sesso femminile. Il dirigente di Palazzo Cernezzi rifiuta la registrazi­one e non cambia opinione neppure davanti alla decisione della donna comasca di rivolgersi al Tribunale.

La coppia si oppone alla decisione del Comune e il delicatiss­imo scontro approderà il mese prossimo in un’aula del tribunale di Como. Qualunque sarà la decisione finale del giudice, il caso aprirà l’ennesimo fronte giuridico sul tema dei diritti delle coppie dello stesso sesso e dei loro figli.

Per il Comune di Como, che sulla vicenda preferisce non rilasciare dichiarazi­oni in attesa del giudizio del Tribunale, non c’erano assolutame­nte alternativ­e alle vie legali perché non sussistono le condizioni per accogliere la richiesta della donna. Per ottenere il riconoscim­ento di quello che è un dato di fatto dunque, ovvero la paternità biologica, la donna non ha altra scelta che appellarsi a un giudice che attesti il suo essere mamma e al contempo padre.

Le due mamme

Palazzo Cernezzi: «Richiesta irricevibi­le» La coppia di genitrici si è rivolta al Tribunale

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