Tribunale insicuro Tutto bloccato
Rimpallo tra ministero e soprintendenza
Nel rimpallo di responsabilità tra Ministeri e Provveditorati su chi debba agire come «funzionario delegato» alla spesa, a Palazzo di Giustizia nulla è cambiato da dieci mesi. Il 18 gennaio 2019, perdendo l’equilibrio, l’allora praticante legale Antonio Montinaro precipitò per sei metri e rimase paralizzato.
Ecco qui i soldi, ci sono 650.000 euro per mettere in sicurezza scale e ringhiere e parapetti nel Palazzo di Giustizia di Milano, ora spendili tu. No, io no, non spetta a me, spendili tu piuttosto. E così, nel rimpallo di responsabilità tra ministeri e provveditorati su chi debba agire come «funzionario delegato» alla spesa, a Palazzo di Giustizia nulla è cambiato da dieci mesi. Cioè da quando il 18 gennaio 2019, perdendo l’equilibrio e cadendo da una di quelle balaustre alte appena 75 centimetri in uno dei corridoi dell’enorme IV piano della Procura della Repubblica sul lato di via San Barnaba, l’allora praticante
L’allarme Lo scorso gennaio un praticante legale è caduto dal quarto piano della Procura
legale (oggi avvocato) Antonio Montinaro, 31 anni, precipitò dalle scale per sei metri, rimanendo paralizzato.
Tutto uguale: qualche residuo di nastro nel punto della caduta, qualche altra rastrelliera posta chissà perché in pochi punti sì e in moltissimi altri no, qualche pianta appoggiata come decoro di pudica protezione a un lato di un piano e non all’altro. Tutto insomma come quando il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, venuto subito a promettere «una soluzione immediata ma strutturale», era stato portato da un solenne cordone di autorità a constatare le criticità del Palazzo.
Eppure l’assurdo è che i soldi ci sarebbero davvero: 650.000 euro stanziati dal Ministero della Giustizia su base pluriennale per il progetto di massima, poi per il progetto esecutivo, poi per l’esecuzione dei lavori. Ma sino ad oggi non si è spostata nemmeno una pietra perché per il Ministero della Giustizia avrebbe dovuto essere la Soprintendenza alle Opere Pubbliche a spendere quei soldi come «funzionario delegato», mentre i vari Soprintendenti italiani (sotto il Ministero delle Infrastrutture) rifiutavano in generale di assumersi questo ruolo: in parte per timori di responsabilità contabile, soprattutto per l’eventualità di errori tanto più possibili quanto maggiori sono le carenze in organico degli uffici tecnici lombardi, e in parte invece paventando il rischio che i fondi del «funzionario delegato», finendo su questo capitolo che è pignorabile, possano essere arpionati da creditori della pubblica amministrazione che siano dotati di un titolo esecutivo..
Dai magistrati milanesi sono partite allora diffide e contro-diffide in luglio. La presidente della Corte d’Appello e il Procuratore Generale milanesi, Marina Tavassi e Roberto Alfonso, hanno additato l’impasse ancora poche settimane fa a Bonafede. E il suo Ministero in una lettera del 30 settembre ha chiesto con «assoluta priorità» una «imprescindibile» risposta. Finalmente, pochi giorni fa, in una riunione a Roma al Ministero delle Infrastrutture, i Soprintendenti italiani hanno condiviso, in maniera in parte spontanea e in parte «spintanea», la soluzione del «funzionario delegato».
E dunque è da adesso che occorrerà verificare in quanto tempo i lavori potranno davvero partire. A cinque anni, come minimo, dalle prime richieste scritte di intervento. A tre anni dall’articolo del Corriere sulle insicurezze del Palazzo. A un anno dall’ultimo carteggio tra magistrati a capo degli uffici giudiziari, Ministero e Soprintendenza: proprio poco prima del grave incidente all’avvocato Montinaro, sulle cui eventuali responsabilità istituzionali resta aperta una inchiesta alla Procura di Brescia.