Studenti all’estero domande in crescita «Si torna cambiati e più autonomi»
L’anno scorso trasferte in una scuola su due
Gaia, dal liceo Russell al Ghana. Alex, dall’istituto Mattei a Tunisi. Ludovica, dal linguistico Manzoni alla Cina. Arianna, dallo scientifico Bottoni agli Stati Uniti. Nomi e storie di studenti che per un anno lasciano compagni, famiglia e amici e vanno a studiare all’estero. Sono sempre di più, il numero delle partenze sale ogni anno. Secondo l’Osservatorio sulla mobilità studentesca di Fondazione Intercultura nel 2018 le trasferte (minimo tre mesi) sono state più di diecimila. Triplicate in tre anni.
I volontari della onlus soltanto in Lombardia hanno accompagnato alla partenza 350 ragazzi (e oltre duemila nelle altre regioni). Sette su dieci hanno viaggiato grazie a una borsa di studio. «Con una maggiore disponibilità di aiuti per la copertura delle spese il numero di studenti che durante le scuole superiori va un anno all’estero è aumentato», spiegano. I costi elevati sono un limite. E un altro freno è la diffidenza dei professori. «Soltanto il 45% dei docenti apprezza l’idea di un’esperienza internazionale e partecipa attivamente all’organizzazione della mobilità studentesca», risulta dai dati dell’Osservatorio analizzati da Ipsos.
È partita con il pieno appoggio dei suoi insegnanti Gaia Facchini, diciottenne al quinto anno del liceo Russell, indirizzo Scienze Umane: «Sono stata via un anno. I professori mi hanno tranquillizzato prima di partire e anche al rientro. Ho passato tutto il mese di agosto sui libri ma mi hanno dato tempo per recuperare». Gaia ha frequentato il quarto anno ad Accra, in Ghana: «Ero iscritta a una scuola pubblica dove studiavo
letteratura inglese, arte, storia. Ho imparato anche il Twi, una delle oltre quaranta lingue parlate lì — racconta soddisfatta —. Soprattutto: ho conosciuto un mondo diverso, con altri valori e regole. Sono tornata più autonoma, nelle scelte, negli spostamenti e mi sento più calma, ora guardo le cose da una prospettiva nuova». E aggiunge: «Sono ancora pochi gli studenti che partono, nel mio liceo soltanto cinque. Io lo consiglio a tutti i mei coetanei».
La stessa indicazione arriva da Alex Bergamaschi, quinta superiore all’Itis Mattei di San Donato. Anche per lui trasferta di un anno e lezioni in un liceo di Tunisi. «Dopo un anno via hai una marcia in più. E servirà anche per il lavoro, mi dicono i professori. Oggi a diciotto anni so muovermi in autonomia in un Paese arabo, avrò più opportunità — spiega —. Nella mia scuola sono stato uno dei primi, spero di aver aperto la strada ad altri. I nostri insegnanti sono favorevoli, non avevo nemmeno voti alti e mi hanno ugualmente incoraggiato a partire».
L’anno scorso una scuola su due ha avuto almeno uno studente all’estero. Il 10 novembre Intercultura chiuderà il
Gaia (Ghana) Ho scoperto un mondo diverso con altri valori e regole Sono tornata più matura nelle scelte e negli spostamenti E guardo la realtà con occhi nuovi
Alex (Tunisia) Esperienza vantaggiosa in ottica lavorativa Non tutti sanno a muoversi in un paese arabo Vorrei aver aperto la strada per i miei compagni
L’Osservatorio Frenano i costi elevati e la diffidenza dei prof: solo il 45% apprezza e partecipa all’idea
bando per il prossimo anno: 2.200 i posti disponibili, destinazioni in sessanta Paesi e 1.500 borse di studio, a copertura parziale e totale, per passare l’intero anno all’estero ma anche per trasferte più brevi.
Secondo l’osservatorio della fondazione a partire sono più le ragazze (61%) dei ragazzi e sono più spesso i liceali ( 74%), poi gli iscritti a istituti tecnici e professionali ma è in queste scuole che le domande adesso sono in crescita. I ricercatori di Ipsos in quest’ultima indagine hanno valutato anche la «ricaduta sociale» dell’esperienza all’estero: i borsisti si laureano con più facilità (86%), trovano o cambiano lavoro più agevolmente (79%) e diventano indipendenti dalla famiglia prima, soltanto il 14% vive ancora con i genitori.