Aspiranti scrittori sui banchi di scuola
Il talento non si può insegnare Qui si impara a costruire trame, dialoghi, personaggi. E poi magari...
Qualche settimana fa c’è stato l’open day della scuola Belleville, che inizia a novembre. Mercoledì 23 ottobre Iaia Caputo presenterà i suoi corsi, al nastro di partenza sempre a novembre. Ancora a novembre, intorno a metà mese, Flannery apre le porte del Circolo Culturale Milano e mostra le proposte al via da dicembre, mentre il Circolo dei Lettori posticipa la data di inizio a gennaio. Basta inserire scuola di scrittura in un motore di ricerca per trovarsi catapultati fra decine di indirizzi. L’illusione del bestseller, il desiderio di venire proiettati nel mondo dei romanzieri, è ancora molto forte. E il mercato risponde. Oggi, quindi, un aspirante scrittore torna a scuola per affinare la tecnica e portare a casa i giusti consigli per confezionare un libro. Molti poi si arrendono; i giovani individuano nuove strade (editing, sceneggiatura, pubblicità); i più motivati tengono duro e qualcuno arriva alla pubblicazione. Quasi ogni scuola, fra le più serie, ha almeno tre allievi con un libro pubblicato.
«Non alimento false aspettative e insisto più sul percorso che sull’obiettivo maniacale del romanzo», precisa la veterana Laura Lepri del Circolo dei Lettori, erede del corso creato da Giuseppe Pontiggia nel 1994, probabilmente il primo del genere. E ancora scherzando dice, «dichiaro subito, contro il mio interesse, che non accetto allievi che non leggano: non si scrive senza leggere». Racconta poi del metodo di lavoro, serratissimo, un esercizio a settimana. «Così si capisce come far nascere un personaggio, gestire un dialogo, costruire trama e ambientazione».
Si va per scrivere, ci si ritrova a leggere. Lo pensa anche Iaia Caputo, che da dieci anni tiene un corso base e uno avanzato nelle sale del Teatro Elfo Puccini. «Tutti scrittori, nessuno lettore: non funziona. Prima c’è la lettura, che dà lo sprint e forma, poi si plana sulla tecnica narrativa».
Fa capolino una domanda: si può davvero insegnare a scrivere? «Chi frequenta impara e migliora. Certo, se non c’è il talento non lo si inventa», afferma Giacomo Papi della Belleville. «La scrittura non è mai stata così centrale come oggi, mail, chat, social. L’intento è ridare peso alle parole, aiutare a maneggiarle con più cura e consapevolezza, senza trascurare il sogno che quelle parole diventino un manoscritto». La scuola, che ha un corso annuale a frequenza obbligatoria e una serie di proposte serali, ha un parterre di insegnanti di tutto rispetto: Walter Siti, Sandrone Dazieri, Helena Janeczek, Marcello Fois e Letizia Muratori.
Flannery, che si affida a Andrea Fazioli, autore di Guanda (oltre alle lezioni del fondatore, Luca Doninelli), punta anche sui giovanissimi. Il corso sperimentale di Luigi Ballerini, per la fascia d’età 13-18, è andato benissimo e questo anno c’è il bis.
Quanto costa inseguire la scrittura? Poco e tanto. Un corso annuale vale come una retta universitaria, uno base da dieci ore si avvicina alla quota della palestra.