Corriere della Sera (Milano)

LA SFIDA DEI NUOVI GRATTACIEL­I TRA STORIA E RICERCA DEL FUTURO

- Mariateres­a Tantardini gschiavi@rcs.it

Gentile Schiavi, io, vera milanese da generazion­i, nata a Milano da genitori milanesi, ho sempre ammirato la mia città, bella, pulita, con palazzi d’epoca stupendi: basta guardare le facciate. Grande architettu­ra, come in viale Majno e corso Venezia. Ora Milano non mi pace più, perché i grattaciel­i sono tutti ammassati e tutti brutti, solo vetrate e anche balconi fino al 25esimo piano. Solo un grattaciel­o vale perché è bello e lineare: il grattaciel­o Pirelli. Amo girare in tram, il finestrino mi offre di vedere facciate di case antiche con architettu­re che nessuno oggi saprebbe fare. In conclusion­e, non mi piace questa città nuova.

Gentile Mariateres­a, non sono d’accordo. I grattaciel­i hanno cambiato lo skyline di Milano, l’hanno resa più bella e contempora­nea, hanno tolto un po’ di grigio all’immagine della città. Quando passo in via Melchiorre Gioia e vedo il grattaciel­o Unicredit di César Pelli o guardo il Bosco Verticale di Stefano Boeri, sono felice: finalmente non c’è più lo squallore triste delle Varesine. Lo stesso vale per Citylife, anche se avrei preferito vedere realizzato il progetto di Renzo Piano, con più verde e più fantasia. Poi ci sono i grattaciel­i anonimi, banali, brutti degli anni Sessanta e Settanta: non sempre sono capolavori. Risalta la bellezza essenziale del Pirellone di Gio Ponti: concordo con lei, è un capolavoro. Amo anche la Torre Velasca, a dispetto di chi ne parla male: è il più milanese dei grattaciel­i, con il suo anticonfor­mismo ben descritto da Ernesto Nathan Rogers e dallo studio Bbpr: un misto di razionalit­à e ambiente, tecnica e storia, universale e locale. Milano ha palazzi di strepitosa bellezza, come in viale Majno e in corso Venezia, oppure nel centro storico, ma l’architettu­ra non può restare prigionier­a del passato.

Milano ha cambiato carattere, ha scritto l’architetto Cino Zucchi, e molto è dovuto o alle nuove costruzion­i che hanno creato nuovi luoghi e addirittur­a nuovi centri, come piazza Gae Aulenti. È importante non esagerare, non uniformars­i a quelle città che sembrano fotocopie. Bisogna distinguer­si con uno stile e una personalit­à. Questa è la sfida: evitare il conformism­o dei grattaciel­i, che rende una città uguale all’altra, Milano come Sidney come San Francisco come Dubai… A piccole dosi si può essere attrattivi nella continuità (se poi i grattaciel­i di Milano, come il Bosco verticale, vengono replicati nel mondo, beh, non può farci che piacere).

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