Nostalgia di Alda A 10 anni dalla morte della poetessa milanese l’eco della sua voce risuona sempre più alta Reading, mostre e un convegno la omaggiano
Febbraio 2005, Alda Merini passeggia lungo il Naviglio. Mario Luzi è appena morto, accendi la radio, la televisione, apri una pagina di un quotidiano, e si parla di lui. Merini, immaginiamola avanzare con l’ennesima sigaretta fra le labbra, a braccetto del maestro Giovanni Nuti («matrimonio artistico», diceva lei sorniona), esplode, «sempre così quando muore un poeta, due giorni di celebrazioni, poi non fa più rumore». Nuti le risponde pronto, «per te non sarà così».
È vero: lei fa ancora rumore. Di più: pare che, anno dopo anno, il volume cresca di intensità. Libri, letture pubbliche, uno spazio d’arte che porta il suo nome, e perfino un comitato che dal 2017 si batte per farle intitolare una strada in città. Pensavano a una via, Palazzo Marino, che ha frenato i tempi (è la regola, devono passare dieci anni), le intitolerà un ponte sul Naviglio Grande, quello vicino a casa sua, lei abitava in Ripa di Porta Ticinese 47, all’angolo con via Corsico. Non solo: nel decennale, Merini è scomparsa il 1° novembre 2009, la città la ricorda con un programma di incontri e spettacoli.
Il convegno «Io sono una città nera e una rondine notturna. Alda Merini, poeta di Milano» di lunedì 28 e martedì 29, alla Sala Napoleonica, apre le danze. «È il primo a lei dedicato, un silenzio che andava colmato», riflette Marina Bignotti, presidente dell’Associazione Alda Merini, sottolineando che fra i relatori ci sarà anche, in arrivo dal Messico, Jeannette Lozano Clariond, la traduttrice che ha fatto conoscere Merini nell’America di lingua spagnola.
Anti-intellettuale, con un passato pesante, fuori e dentro dai manicomi, eppure amatissima, anche dai giovani. La Casa delle Arti-Spazio Alda Merini, in via Magulfa, la ricorda mercoledì 30 con il reading «Sono folle di te» (canti d’amore accompagnati da un quintetto d’archi del Conservatorio di Genova) e di nuovo il 1° novembre, insieme a Luisella Veroli, curatrice della sua autobiografia «Reato di Vita», e all’editore Arnaldo Mosca Mondadori. E la sera, versi sciolti per il quartiere. «Promuoviamo una fiaccolata dalla Casa fino al Ponte sul Naviglio: distribuiremo poesie e candele al momento della partenza», fa sapere Diana Battagia.
E ancora, la Maratona Merini nel chiostro del Piccolo Teatro (martedì 5), fino al gran finale, il 18 novembre nella chiesa di San Marco, con Carla Fracci e Giovanni Nuti nel «Poema della croce». Nuti canterà, Fracci reciterà. «Eravamo amiche, una donna fragile e forte al tempo stesso», rivela l’étoile. «Una volta mi ha accompagnato al pianoforte, suonava benissimo. Avverto una grande responsabilità in questa lettura». Il marito, Beppe Menegatti, che firma la regia della serata, ricorda con amarezza che «frequentarla prima degli anni Ottanta, quando Milano le voltava le spalle, era un gesto forte, quasi una professione di libertà, di riconoscimento del suo martirio». Un martirio di cui lei parlava, che non ha mai rimosso. Anche se, non va dimenticato, arrivò a dire: «più bella della poesia è stata la mia vita».
Carla Fracci
«Eravamo amiche, una donna forte e fragile allo stesso tempo. E anche grande pianista»