LE LACRIME DELLA STUDENTESSA E UNA (BELLA) LEZIONE DI CIVISMO
Caro Schiavi, davanti all’ingresso di un liceo milanese, sotto la pioggia, c’è una ragazzina tremante. Piange. Viene dalla provincia e, come tutte le mattine, si è svegliata all’alba per prendere il treno e arrivare in prima A, in tempo per la verifica. Il treno, però, è in ritardo e lei arriva oltre l’orario consentito. «Sono passati i dieci minuti di tolleranza», sentenzia la soldatessa di guardia, armata delle chiavi della scuola tenute nella fondina. Mi dice che le regole sono regole e non può farla entrare. Deve fare il suo lavoro. Io sono lì per parlare con un’insegnante di mia figlia, in quello stesso liceo. Ma mia figlia potrebbe essere anche quella ragazza, che piange, con la tenera disperazione di una quattordicenne, perché vuole fare la verifica, ma non la fanno entrare. Non vado in sala professori, ma in segreteria, dove segnalo la situazione. Dopo un paio di «io non posso» e «io non ho l’autorità», un’insegnante si prende la responsabilità che altri scansano come la peste. Scende con me, apre la porta della scuola, invita la ragazza ad entrare e l’accompagna per mano in prima A, dove farà la verifica. «Domani porta la giustificazione», le dice. «Certo prof, grazie», risponde lei. Giusto? Sbagliato? Se proprio si vogliono far osservare le regole dell’istituto, non è compito dei genitori stabilirne i confini del rigore, ma è possibile lasciarla fuori, sotto la pioggia, a piangere?
Portatela dentro, offritele un té caldo e ditele che le regole si devono rispettare, quindi non potrà fare la verifica, ma tranquillizzatela e accoglietela per chi è: una ragazza che vuole studiare. Oppure, come ha fatto quella prof, portatela in classe a fare ciò che è nel suo diritto e che il ritardo di un treno non dovrebbe compromettere.
In quel liceo, forse senza saperlo, quell’insegnante ha tenuto un’importante lezione di educazione civica, di cui pare esserci grande bisogno in questa società. Le regole devono servire a garantire i diritti costituzionalmente riconosciuti, come quello allo studio o alla vita, non a limitarli. Perché la prima regola da rispettare è quella non scritta. Quella dell’umanità.
Caro Mercurio, c’è poco da aggiungere: ci sono le regole, ci deve essere chi le fa rispettare, ci può essere una flessibilità di cui non si deve abusare. La lezione di civismo però l’ha data anche lei: poteva dire «non mi riguarda» e invece si è speso per una volonterosa studentessa. Per restare umani non bisogna essere indifferenti.