Un’inguaribile romantica
Marianela Nuñez danza con Bolle in «Onegin»
L’amore ai tempi delle relazioni liquide, oggi consumato e spesso bruciato, di rado parla con la forza delle parole che il poeta Aleksandr Puškin fornì, nel 1833, alla penna dell’incauta Tatjana quando, nella lettera al cinico Onegin, dichiarava: «In cielo è scritto il mio destino… io sono tua. Tu sarai il mio angelo fino alla morte». Da stasera, i palpiti di Tatjana torneranno a incarnarsi nell’argentina Marianela Nuñez, 37enne principal del Royal Ballet, in coppia alla Scala con Roberto Bolle in «Onegin», il balletto che il coreografo John Cranko trasse dal poema in versi di Puškin e scolpì drammaturgicamente su musica di Ciaikovsky. Oggi comunichiamo le nostre emozioni attraverso messaggini telefonici. In «Onegin», le lunghe lettere scritte a mano giocano un ruolo fondamentale… una donna romantica e mi considero una privilegiata nel potermi connettere con un’espressione così alta dell’amore, fungendo da ponte tra passato e presente per risvegliare, nel pubblico, la parte più sentimentale. L’immersione nelle passioni più profonde è il ruolo cruciale non solo del balletto, ma anche della lirica e dell’arte in generale».
Dieci giorni fa ha trionfato, in coppia con Bolle, in «L’Histoire de Manon» di MacMillan alla Royal Opera House di Londra. Il segreto della vostra intesa?
«È nella chimica naturale che esiste tra noi. Il pubblico se ne accorge solo quando siamo in scena, ma io inizio a sentirla, da subito, in sala prove. Roberto è bello e forte, un ballerino super e un artista di grande valore, capace di infondere amore in ciò che fa».
Rispetto a «Manon», in cui è la malizia della protagonista a prevaricare sul debole De Grieux, «Onegin» è l’opposto: lei è la vittima, lui il carnefice, fino al rovescio della storia…
«Infatti. “Onegin” è un capolavoro, perché in ogni atto i personaggi mutano e il pubblico può seguire l’evoluzione dei caratteri nei dettagli della coreografia, come la vita scava in loro. Da quando Tatjana incontra Onegin per la prima volta, nel sogno in cui lei lo immagina come l’amore perfetto, fino alla delusione e alla trasformazione, nel terzo atto, in una donna padrona di sé».
Lei è argentina, ma è, allo stesso tempo, un simbolo per l’Inghilterra: la scorsa stagione, il Royal Ballet ha festeggiato i suoi vent’anni di carriera a Londra. Come vive questo momento in cui la Gran Bretagna si appresta alla Brexit?
«È un periodo pauroso che mi rende triste. Londra vive un clima di incertezza e nessuno sa cosa accadrà. Nel ventunesimo secolo, la gente do«Sono vrebbe essere unita. Ma non amo parlare di politica, non è il mio lavoro». L’Argentina attraversa una delle peggiori crisi della sua storia recente. Come vede il suo Paese da Londra? «Torno in Argentina una sola volta l’anno, tutta la mia famiglia è ancora lì. Il Paese è passato da una crisi all’altra, gli argentini lavorano duramente senza vedere i risultati della propria fatica. Prego per il meglio».