Un amico robot per la vecchiaia
Tobia Vogel firma la regia di «Marjorie Prime» con Ivana Monti «In scena ho rivissuto l’esperienza con mia madre che ho curato fino a 100 anni»
Siamo in una casa del 2060, tra uno schermo che rimanda scenari virtuali e un’anziana signora in poltrona che sorseggia il tè c’è lui, un umanoide che le fa compagnia: l’affascinante copia digitalizzata di Walter, il suo defunto marito qui in versione trentenne. Una presenza affettuosa che la fa sentire giovane e l’aiuta a far luce nella sua memoria che la sta sempre più abbandonando. Debutta stasera in prima nazionale «Marjorie Prime», poetica commedia di Jordan Harrison (finalista al Premio Pulitzer 2015 per il teatro) qui diretta da Raphael Tobia Vogel. Un testo avvincente che s’interroga su relazioni artificiali e identità, ma anche sul tempo che passa, sulla difficoltà dell’invecchiare e sulla nostra memoria individuale e collettiva. Nei panni della protagonista Ivana Monti, il perno di una famiglia che porterà alla luce i suoi umanissimi drammi.
Memoria e intelligenza artificiale
«Marjorie è una 85enne molto positiva dalle battute fulminanti — dice l’attrice — una donna che non ha smesso di credere nella vita. Sa benissimo che Walter (Francesco Sferrazza Papa) non è suo marito ma un robot che aiuta i pazienti affetti da Alzheimer creando proiezioni olografiche di familiari defunti, ma a lei non importa, ha deciso di volergli bene lo stesso. Sulle imprecisioni di quei ricordi interiorizzati ci ride sopra e si lascia andare giocando come una bambina».
Di tutt’altro genere invece il rapporto con la figlia Tess (Elena Lietti) moglie di Jon (Pietro Micci) «il tecnologico» della famiglia. «Marjorie e sua figlia sono fatte della stessa pasta, due donne dal carattere forte che si parlano con franchezza, ma la tenerezza non manca», prosegue l’attrice. E sul tema della vecchiaia e del prendersi cura dei genitori, Ivana Monti parla di sé: «Ho accudito mia madre fino al suo 100° anno di età, ricordo i momenti in cui mi occupavo della sua pulizia: quel lavarle i piedi… un gesto quotidiano, antico che dopo aver letto il libro “La cattiva figlia” di Carla Cerati ho capito quanto fosse importante, anzi vitale. In scena ora sono io dall’altra parte, e mi commuovo». Infine una riflessione sul tempo e su ciò che resterà di noi: «La necessità di raccontare ci sarà sempre, fino alla fine dell’umanità, e oltre. Gli umanoidi sopravviveranno al genere umano che li ha costruiti, ma in loro ci sarà sempre la parola, l’entità distintiva che rivela la nostra unicità». Sul tema intelligenza artificiale al teatro un fitto calendario di appuntamenti cinematografici e incontri con esperti.