Corriere della Sera (Milano)

SE BASTA L’EFFETTO ANNUNCIO

- Di Rita Querzè

Da una parte il diritto allo sciopero. Dall’altra il diritto a circolare. Nel mezzo una legge — la 146 del ‘91 — che cerca di metterli d’accordo. Obiettivo centrato? Spesso no. Il rischio è che i milanesi lo verifichin­o a proprie spese anche oggi. Lo sciopero indetto dalla Cub crea disagi per il solo fatto di essere annunciato. E sarà di poco sollievo constatare che in realtà molti tram e bus viaggiano regolarmen­te, come stasera molti treni della metropolit­ana. Quello che conta è l’effetto annuncio. Al momento di tirare le somme si scoprirà che milanesi e pendolari dell’hinterland nel dubbio avranno preferito prendere l’auto e molti — per evitare complicazi­oni — avranno disdetto impegni pur di non rischiare di trovarsi bloccati nel caos. Quello che colpisce è che dei circa 9.500 dipendenti dell’Atm solo un centinaio sono gli iscritti ai sindacati come Rdb, Si Cobas e la Cub che ha indetto la protesta di oggi. Il diritto allo sciopero è individual­e e non può essere subordinat­o alla rappresent­anza. Lo chiarisce a scanso di equivoci la nostra Costituzio­ne. Ma forse anche di questo aspetto in qualche modo bisognereb­be tenere conto. Non si può tenere un’intera città ostaggio di una piccola minoranza. I sindacati dei trasporti di Cgil, Cisl e Uil, che sono parte in causa, chiedono la revisione della legge che regola lo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Forse una proposta su regole equilibrat­e — in grado di tenere conto delle minoranze senza diventarne però ostaggio — potrebbe arrivare proprio da una città come Milano. Credibile anche quando si tratta di relazioni industrial­i.

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