SE BASTA L’EFFETTO ANNUNCIO
Da una parte il diritto allo sciopero. Dall’altra il diritto a circolare. Nel mezzo una legge — la 146 del ‘91 — che cerca di metterli d’accordo. Obiettivo centrato? Spesso no. Il rischio è che i milanesi lo verifichino a proprie spese anche oggi. Lo sciopero indetto dalla Cub crea disagi per il solo fatto di essere annunciato. E sarà di poco sollievo constatare che in realtà molti tram e bus viaggiano regolarmente, come stasera molti treni della metropolitana. Quello che conta è l’effetto annuncio. Al momento di tirare le somme si scoprirà che milanesi e pendolari dell’hinterland nel dubbio avranno preferito prendere l’auto e molti — per evitare complicazioni — avranno disdetto impegni pur di non rischiare di trovarsi bloccati nel caos. Quello che colpisce è che dei circa 9.500 dipendenti dell’Atm solo un centinaio sono gli iscritti ai sindacati come Rdb, Si Cobas e la Cub che ha indetto la protesta di oggi. Il diritto allo sciopero è individuale e non può essere subordinato alla rappresentanza. Lo chiarisce a scanso di equivoci la nostra Costituzione. Ma forse anche di questo aspetto in qualche modo bisognerebbe tenere conto. Non si può tenere un’intera città ostaggio di una piccola minoranza. I sindacati dei trasporti di Cgil, Cisl e Uil, che sono parte in causa, chiedono la revisione della legge che regola lo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Forse una proposta su regole equilibrate — in grado di tenere conto delle minoranze senza diventarne però ostaggio — potrebbe arrivare proprio da una città come Milano. Credibile anche quando si tratta di relazioni industriali.