Grazia e bellezza per Canova superstar in mostra
Le sculture del grande di Possagno dialogano alle Gallerie d’Italia con quelle del danese Thorvaldsen Mentre alla Gam sfilano i suoi busti
La superstar del weekend artistico milanese è Antonio Canova, protagonista da oggi di una doppia mostra, alle Gallerie d’Italia e alla Gam di via Palestro. Lo scultore simbolo del Neoclassicismo italiano è accostato in piazza Scala al «rivale» danese Bertel Thorvaldsen, mentre alla Gam sfilano i suoi «volti ideali».
Mancamenti, deliqui, vertigini: è la Sindrome di Stendhal, quando ci si emoziona troppo davanti a un’opera d’arte di grande suggestione. Potrebbero correre il rischio i visitatori più sensibili delle due mostre che Milano dedica ad Antonio Canova (1757-1822), genio della scultura neoclassica, perché stavolta la concentrazione di bellezza è da capogiro. Ma andiamo con ordine. Si tratta di due esposizioni molto diverse per temi e dimensioni, l’una più raccolta, l’altra più imponente e complessa. Ciascuna frutto di un suo progetto originale di ricerca e di prestiti internazionali prestigiosi, vedono la collaborazione di pubblico e privato nell’ambito delle celebrazioni canoviane che si stanno svolgendo a livello nazionale tra 2019 e 2022: la partnership è tra Comune di Milano con la Galleria d’Arte Moderna e Intesa Sanpaolo con le Gallerie d’Italia di piazza Scala, due sedi a pochi passi di distanza. Non a caso il Sindaco Sala, partecipando ieri alla presentazione dell’evento, ha parlato di un «polo museale» sempre più attrattivo del centro milanese.
Alla GAM si snoda il percorso «Canova. I volti ideali», curatela di Omar Cucciniello e Paola Zatti. Prendendo spunto dal capolavoro della «Vestale» conservato in collezione, si approfondisce il filone delle «teste ideali», così come le aveva definite l’artista stesso: una produzione tarda e di gran successo, concentrata tra 1811 e 1822. Trentanove i lavori in mostra, di cui 24 autografi e 5 mai esposti in Italia, per la prima volta a dialogo le tre versioni note della «Vestale»: li valorizzano l’allestimento e le collocazioni, in relazione d’armonia con sale e specchi neoclassici. Sono effigi femminili di bellezza sublimata, di dimensione intima e privata: non personaggi reali ma figure allegoriche, mitologiche, letterarie, apparentemente simili e in realtà variate all’infinto tra dettagli, acconciature, lievi espressioni. E a dimostrare la modernità dello scultore e della sua eredità, in mostra anche pezzi del ‘900 di Adolfo Wildt e Giulio Paolini.
Alle Gallerie d’Italia invece va in scena il confronto diretto e inedito tra lo scultore veneto e il suo più celebre rivale contemporaneo a Roma: a cura di Stefano Grandesso e Fernando Mazzocca apre i battenti «Canova – Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna», più di 160 pezzi scelti in esposizione con l’arrivo di opere mai spostate in precedenza, come il monumentale ritratto eroico che di Canova fece Giovanni Ceccarini, da Frascati. Ricca e affascinante la ricostruzione di un mondo che guarda all’antico come modello estetico e morale, con dipinti, sculture, incisioni e disegni di innumerevoli autori dell’epoca. Grandioso il match tra i due artisti, osannati allora come popolarissime star, e al tempo stesso impari. Perché la differenza appare palpabile, resa concreta dal contraddittorio tra opere dello stesso soggetto, come accade con le «Tre Grazie» o con «Ebe». Più umano Canova, straordinario virtuoso del marmo che rifinisce sempre personalmente, più distaccato il danese, che invece affida la lavorazione al talento dei collaboratori. Più pittorico e palpitante il primo, straordinari effetti di sensualità, più idealizzato e statico il secondo, austero temperamento nordico.
Confronti
Più umano l’italiano, più distaccato il rivale, che affida la lavorazione al talento dei collaboratori