Crolla l’accusa: esce dopo 1 anno
In cella per violenza sessuale, scoperte in extremis le omissioni della donna
Grazie alla prova in extremis richiesta dai giudici quando già si erano ritirati in Camera di Consiglio, un uomo è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale di gruppo dopo aver passato un anno di in carcere, e quando già stava per rischiare 7 anni di condanna in primo grado.
A cosa serve fare un processo? A cosa serve scrutinare tutti gli elementi di un processo, compresa la testimonianza della parte offesa senza cadere nella retorica per cui le vittime dovrebbero comunque e sempre aver ragione a priori? Lo può raccontare un imputato che, solo grazie ai meccanismi del processo, e in particolare persino alla prova in extremis richiesta dai giudici quando già si erano ritirato in camera di consiglio, è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale di gruppo dopo un anno di custodia cautelare in carcere, e quando già stava per rischiare 7 anni di condanna in primo grado.
Questo cittadino peruviano di 30 anni era stato arrestato il 17 ottobre 2018 dopo che una connazionale aveva denunciato una aggressione sessuale in strada (palpeggiamenti) asseritamente in una situazione del tutto casuale e senza pregressi, in un parco, della quale (come pure di una rapina della borsa) incolpava almeno due sudamericani, uno individuato e l’altro mai rintracciato. La richiesta di arresto, formulata dal pm Monia Di Marco, era stata accolta dal giudice delle indagini preliminari Elisabetta Mayer, e poi era stata confermata — nei suoi presupposti di dinamica del fatto e di esigenze cautelari — dal Tribunale del Riesame che aveva rigettato il ricorso della difesa contro la misura cautelare in carcere.
Durante il processo davanti alla quinta sezione del Tribunale, la difesa dell’imputato, con l’avvocato Paolo Pappalardo, introduce elementi che non combaciano con la ricostruzione operata nel fascicolo sino a quel momento, soprattutto riguardo precedenti rapporti di conflittualità tra l’imputato e la sua accusatrice, che il legale documenta con alcune chat tra i due, e con l’evocazione di una precedente rissa che avrebbe visto l’attuale vittima essere invece protagonista di una zuffa con un’altra donna, zuffa a seguito della quale gli animi si erano scaldati anche tra gli uomini vicini alle due donne.
Si arriva al momento delle discussione, e i giudici Moccia-Messina-Papagno, dopo aver ascoltato la requisitoria del pubblico ministero d’udienza Rosaria Stagnaro e l’arringa difensore, entrano in camera di consiglio.
Ma, a sorpresa, ne escono quasi subito, ordinando una prova assai rara: e cioè, ai sensi dell’articolo 507 («terminata l’acquisizione delle prove il giudice, se risulta assolutamente necessario, può disporre anche di ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova»), convocano una donna indicata come testimone dalla difesa, e un’altra volta la parte offesa. E le due deposizioni si rivelano decisive.
La teste, infatti, riempie la prima metà di storia del tutto assente nella versione della vittima, e cioè la precedente rissa tra due sudamericane alla quale si sarebbe poi aggiunta la cerchia dei rispettivi uomini. E la vittima stessa, messa di fronte alle incongruenze e contraddizioni, non ritratta la propria versione, ma ammette di avervi completamente omesso ciò che in effetti aveva preceduto l’aggressione, da lei comunque ribadita e solo ora però collocata nel contesto di quel parapiglia.
Solo che, a questo punto, la sua credibilità appare parecchio incrinata. E la sentenza, per come in attesa delle motivazioni può essere interpretata in base al dispositivo, assolve l’uomo con formula piena dall’accusa di rapina della borsa, e lo assolve dall’imputazione di violenza sessuale con il richiamo al secondo comma sulla «prova insufficiente o contraddittoria».
Il Tribunale presieduto da Ambrogio Moccia ordina così l’immediata scarcerazione dell’imputato, che era detenuto in custodia cautelare in carcere da un anno. E nella motivazione della sentenza, nei prossimi tre mesi, dovrà anche esprimersi sulla richiesta, avanzata dal pm Stagnaro, di trasmettere alla Procura i verbali delle udienze del processo per valutare se procedere o meno contro la parte offesa per falsa testimonianza e/o calunnia dell’imputato.
Il dietrofront
«Prove insufficienti e contraddittorie», minata la credibilità della denuncia
Il parapiglia
Prima dell’aggressione la donna sarebbe stata protagonista di una rissa con altre persone