Corriere della Sera (Milano)

FUORI DA SCUOLA PER IL RITARDO CONFLITTO TRA REGOLE E UMANITÀ

- Giorgio Carrara Paolo Farina, Andrea Savioli, Angelo Ravaglia Umberto Bartolini Marco Pozzoli gschiavi@rcs.it Ludovico Pagani Lucio Bertoluzzi Francesco Campironi

Demolizion­e dello stadio

La demolizion­e dello stadio non è giustifica­ta da esigenze di sicurezza né sportive. Lo stadio potrebbe continuare ad assolvere bene alle sue funzioni ancora per lungo tempo. Le due società multinazio­nali proprietar­ie del Milan e dell’Inter sono interessat­e a fare affari vendendo ogni possibile merce o divertimen­to a chi va a vedere la partita: questo è il loro vero obiettivo. Il calcio è solo una scusa per incassare soldi dal contorno commercial­e da loro predispost­o intorno allo stadio. Ma non è tutto. Le attività commercial­i di contorno allo stadio sottrarran­no lavoro agli esercizi commercial­i oggi esistenti in città. Chi mangerà la pizza nel nuovo Meazza non la mangerà più nella pizzeria attuale. Chi comprerà la maglietta nel nuovo Meazza non la comprerà più nel negozio attuale. Ci sarà un grande spostament­o di soldi dalle casse di molti commercian­ti della città alle casseforti di due multinazio­nali. Tutti i vantaggi per quelle due e gli svantaggi per la città. In consiglio comunale neghino il consenso a una tale operazione.

Caro Schiavi, accadde anche a me nel lontano 1966 all’Itis Feltrinell­i in corso di Porta Romana 110 di non poter entrare per un ritardo di tre minuti sull’orario della prima ora di lezione, che iniziava allora alle 8.30. Abitavo in via Luosi, vicino a Piazza Piola, nella zona di Città Studi, e dovevo recarmi ogni mattina in via Bassini per prendere il tram numero 23, che arrivava sempre in ritardo e così stracolmo di persone che io, ai tempi 14enne, dovevo sempre salire sul predellino esterno fino a che non scendeva qualcuno. Questa scena fu descritta molto bene nel primo film della serie «Fantozzi».

Per me non ci fu il lieto fine di poter entrare, nonostante il ritardo del tram non fosse ovviamente dovuto a una mia negligenza, ma dovetti tornare mestamente a casa e portare la giustifica­zione a scuola il giorno seguente. Allora i genitori non erano per niente comprensiv­i e mi fu detto che sicurament­e mi ero attardato, distratto da qualche cosa. Che anche allora ci fossero tranvieri imbranati non fu minimament­e messo in discussion­e.

Inutile precisare che nel 1966 non c’era la linea 3 del metrò, questo lo dico per evitare stupidi fraintendi­menti. La persona che mi cacciò via non fu disturbata da tutto ciò, ma allora andava così. Poi tutto cambiò,

Mostra di Abramovic

Dispiace affrontare un viaggio di 250 chilometri in treno e trovare chiusa al pubblico la mostra di Marina Abramovic da voi annunciata nella rubrica «Vivere la città». È quanto successo martedì 22 ottobre: un’impiegata imbarazzat­a avvertiva che si stava svolgendo in peggio, se possibile, dato che dopo il 1968 la maggior parte dei genitori si comportaro­no all’opposto dei miei, e i risultati si vedono. Almeno io posso dire che alcuni miei compagni oggi sono diventati famosi.

Mi ha colpito la lettera del genitore che si indigna per la studentess­a «colpevole» di essere in ritardo per motivi non banali e lasciata fuori dalla scuola.

Le parole «per essere umani non bisogna essere indifferen­ti» bisognereb­be farle leggere e appenderle sui muri delle scuole.

Caro Bartolini, caro Marco, il caso della studentess­a in lacrime lasciata fuori dal portone della scuola perché in ritardo, poi riammessa grazie all’intervento di un genitore e un professore, ha creato due correnti di pensiero. La prima: le regole sono regole, è successo a tanti di essere puniti e sono sopravviss­uti. La seconda: un ritardo involontar­io non va punito con eccessiva rigidità, esiste anche il lato umano. Nel caso della studentess­a (del Virgilio) meglio la seconda ipotesi. un evento privato. Nessuna segnalazio­ne preventiva o avviso sul sito dell’Ambrosiana. Ancora peggio è capitato ad una giovane coppia provenient­e addirittur­a da Bari. La famosa efficienza di Milano, che si fa giustament­e vanto della cultura e dei musei, ha perso un colpo.

Una speculazio­ne

Chiusa senza avviso

Piante «infestanti»

Via Filarete

Mi risulta che gli alberi da «salvare» in via Filarete siano ailanti, «pianta infestante difficile da sradicare che mette a rischio l’ambiente» (cito da un sito dedicato alla cura del verde). Ognuno, con un minimo di sale in zucca, sa che questi alberi invadono ogni angolo libero, soppiantan­do la vegetazion­e autoctona. E dunque, per quale motivo opporsi alla loro sostituzio­ne?

Autista Atm

Perché in Italia atti di educazione, buon senso e spirito civico devono sempre essere

Rimborso di una multa

Ricevo nello stesso giorno due verbali per divieto di sosta (22 ottobre). Per mia negligenza, dopo aver controllat­o la prima, scambio la seconda per una possibile sosta altrove. Pago celermente a computer. Stampate le ricevute, mi accorgo che la seconda era un verbale redatto un minuto dopo la prima e nello stesso luogo. Mi reco il 23 all’ufficio dei vigili in via Friuli. La persona addetta risponde: non doveva pagarla, adesso non si può fare nulla. Non mi sembra una risposta profession­ale. Mi dice, inoltre, che se voglio presentare domanda di rimborso «lo faccia ma tanto non lo riceverà». Mi rimandano ad altro sportello ma non è possibile fare il tutto subito, servono copie, documenti... Ora proverò a predisporr­e un rimborso per via telematica. Il dispiacere sta nel notare che a un cittadino che paga le multe (anche più di quanto dovrebbe — errore mio) debba finire in una infinita procedura burocratic­a.

Un atto di buon senso

Burocrazia infinita

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