Strage di Pioltello «Omissioni in serie»
L’inchiesta I pm: da Rfi risparmi sulla sicurezza
Una serie di omissioni nella manutenzione, commesse a partire dai livelli più bassi fino ai vertici di Rete ferroviaria italiana, avrebbero impedito che la linea Cremona-Milano fosse tenuta «in buono stato di efficienza per la sicura circolazione dei treni». È questa l’accusa che la Procura muove agli undici indagati e alla stessa Rfi, chiudendo l’inchiesta sull’incidente del 25 gennaio 2018. Disastro ferroviario colposo, omicidio e lesioni colpose plurime e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro sono le accuse ipotizzate.
Una serie di omissioni a catena nella manutenzione, commesse a partire dai livelli più bassi fino ai vertici di Rete ferroviaria italiana, avrebbero impedito che la linea Cremona-Milano fosse tenuta «in buon stato di efficienza per la sicura circolazione dei treni» in modo da prevenire il disastro di Pioltello. È l’accusa che la Procura di Milano muove agli undici indagati e alla stessa Rfi, accusata in base alla legge sulla responsabilità amministrativa delle imprese, chiudendo l’inchiesta sull’incidente che il 25 gennaio del 2018 costò la vita di tre persone e il ferimento altre 102.
Disastro ferroviario colposo, omicidio e lesioni colpose plurime ed omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro sono le accuse ipotizzate. Tra gli indagati figurano i responsabili locali delle strutture di Rfi incaricate della manutenzione che sono accusati di non aver sostituito immediatamente il giunto che, rompendosi al chilometro 13+400 nei pressi della stazione di Pioltello, causò il deragliamento. Le indagini della Polizia ferroviaria e dei periti, dirette dai pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, hanno concluso che il giunto era «in pessime condizioni», «non rispondeva alle caratteristiche tecniche previste dal Rfi» già «da novembre 2017», quando fu messa una zeppa di legno per limitare le sue oscillazioni. Nonostante «l’evidente ed elevato rischio del formarsi di cricche interne», le fessurazioni dell’acciaio che porteranno alla rottura di circa 20 centimetri di rotaia che causerà il deragliamento, non vennero disposti «monitoraggi sistematici» del giunto che si trovava su una linea in cui passano treni che sfrecciano anche a 180 chilometri l’ora, la cui sostituzione fu programmata solo per l’aprile 2018 . Indagati anche l’allora direttore dell’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria e il suo vice che non avrebbero vigilato su Rfi obbligandola ad allestire «tutte le necessarie misure di controllo del rischio».
L’amministratore delegato di Rfi, Maurizio Gentile, Umberto Lebruto, direttore di produzione, e Marco Gallini, dirigente della struttura organizzativa, sono accusati di non aver dato, «nonostante i ripetuti e frequenti episodi di rotture dei giunti su tutto il territorio nazionale», disposizioni a tutte le Direzioni territoriali di intensificare i controlli e disporre «misure contenitive del rischio», come la riduzione della velocità dei treni, l’uso di apparecchi ad ultrasuoni manuali in grado di verificare lo stato delle rotaie, visto che il treno Galileo che serve proprio a questo era fermo per un guasto dalla metà del 2016, oppure di istallare su tutta la rete ferroviaria italiana
Il dramma dispositivi «in grado di segnalare tempestivamente» le anomalie.
La chiusura delle indagini prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Che non riguarderà l’amministratore delegato di Trenord, Cinzia Farisè, il direttore operativo Alberto Minoia, e la stessa società proprietaria del convoglio. Indagati inizialmente, vanno verso l’archiviazione dopo che le perizie hanno escluso qualsiasi loro responsabilità.