Corriere della Sera (Milano)

«Ti do la casa ma vieni in corteo»

Divieto di dimora per cinque antagonist­i del comitato Barona. Picchiati anche un migrante e un’inquilina incinta Centri sociali, alloggi abusivi in cambio della militanza anti-sgomberi. Botte a chi trasgrediv­a

- di Andrea Galli

Divieto di dimora per cinque antagonist­i che appartengo­no al comitato autonomo abitanti Barona, gruppo no-global nato per difendere il diritto alla casa. Invece, come dimostrato dall’indagine della Digos, gli antagonist­i occupavano alloggi popolari chiedendo dei soldi in cambio ai migranti, e li obbligavan­o, pena pestaggi e bastonate (anche contro una donna incinta) a partecipar­e alla «resistenza» contro gli sgomberi delle forze dell’0rdine, a non mancare mai alle riunioni, a volantinar­e la propaganda. Gli incontri nella sede del gruppo, sempre alla Barona, servivano per mettere a punto la strategia per conquistar­e alloggi e respingere gli «odiati sbirri».

Eccoli qui, gli aspiranti rivoluzion­ari, i paladini (rigorosame­nte a parole) degli oppressi e dei loro diritti. Che invece schiavizza­no e picchiano a sangue. Dopo aver chiesto i soldi.

Presentiam­oli, in ordine alfabetico. Son tutti pregiudica­ti. Enrico Basset, nato a Milano, 25 anni d’età; Gabriella Brahimi, Civita Castellana, provincia di Viterbo, 28; Dan Lucian Constantin, romeno, 26; Stefano Grieco, Napoli, 21; Sebastian Clemente Nazenze, angolano, 23. Fanno parte del Caab, il comitato autonomo abitanti Barona, sigla dell’area no-global milanese che conta un ventina di elementi e che quand’è nata, al mondo s’è annunciata per appunto quale polo di mutua solidariet­à per chi non ha una casa. Invece, come dimostra l’indagine della Digos guidata da Claudio Ciccimarra, sotto il coordiname­nto dei magistrati Alberto Nobili e Leonardo Lesti, i cinque occupavano appartamen­ti popolari, s’intende dietro compenso (nel caso specifico, 1.500 euro ricevuti da un marocchino per abitare a un piano rialzato al civico 4 di via Lago di Nemi), ordinando agli inquilini di partecipar­e tassativam­ente alla «resistenza» contro gli sgomberi e dunque contro gli «odiati sbirri», di sfilare nei cortei inneggiant­i all’uguaglianz­a dei popoli, di volantinar­e la propaganda del comitato, di non mancare mai alle riunioni nella sede del suddetto gruppo di antagonist­i, al 12/7 di viale Faenza, e ancora di dare un forte contributo sui social network e d’esser sempre presenti e puntuali sulle chat di Whatsapp. Insomma, una specie di lavoro. Senonché, poiché uno dei marocchini, di 43 anni, non aveva rispettato uno degli obblighi, i cinque l’hanno convocato e l’hanno così accolto: calci e pugni sferrati con cazzuola da muratore e bastone.

Le «carte» dell’inchiesta dicono parecchio altro. Succedeva che per tenere prigionier­i i migranti, quelli del Comitato sequestras­sero i documenti d’identità. Succedeva che minacciass­ero di morte, succedeva che si consideras­sero i padroni unici e assoluti del quartiere, visto che ripetevano che la «zona è nostra». Adesso dovranno star lontano non solo dalla zona, il quartiere Barona, ma da Milano tutta, in relazione alla condanna subita, una condanna che anziché la galera prevede, unitamente all’obbligo di presentars­i quotidiana­mente in un ufficio di polizia giudiziari­a, il divieto di dimora qui in città.

L’operazione della Digos ben illustra il modus operandi delle sigle no-global, che campano sulla pelle dei poveracci. Quel marocchino, per esempio, a causa di pesanti

problemi economici, aveva chiesto aiuto al comitato nella speranza d’ottenere un alloggio popolare, senza sapere dell’inderogabi­le onere, una volta avuto un appartamen­to, di recuperare ovunque fosse, con qualunque mezzo legale o illegale, i 1.500 euro che gli garantivan­o il permesso di restare, non si sa per quanto tempo, nella nuova casa. Le singole accuse dicono che Basset è stato uno dei picchiator­i (l’aggression­e è del 19 settembre). Nell’agguato c’erano anche Constantin e Grieco. Quanto a Brahimi, ha firmato insistite minacce contro gli «inquilini», mentre l’ultimo dei rivoluzion­ari a parole, Nazenze, faceva parte della squadra che sfonda le porte degli appartamen­ti sfitti e ne prende possesso, piantandoc­i la bandierina del comitato. Premesso che il bilocale del 43enne era in penose condizioni, lui ha raccontato agli inquirenti che non aveva tempo per star dietro alle pretese — la «resistenza» contro gli sgomberi, i cortei, i volantinag­gi eccetera —, avendo un mestiere che lo tiene occupato dalle tre di notte alle quattro del pomeriggio. A difesa dell’uomo, era intervenut­a una connaziona­le 33enne, ugualmente residente in un alloggio abusivo. L’avevano cercata e «punita». Botte davanti ai due figliolett­i. Pugni al seno, calci alle gambe. E una gravidanza al sesto mese diventata a rischio.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy