Com’è attuale questo Plauto
Barbora Bobulova e Gigio Alberti in «Anfitrione»
Plauto la definiva una tragicommedia e, dopo di lui, il suo «Anfitrione» fu riscritto centinaia di volte, come se tutte le epoche volessero farlo proprio e attualizzarlo. Lo fecero Molière, Kleist e Giroudoux, tra i tanti. La vicenda, e i suoi protagonisti, sono degli archetipi: Giove, il re degli dei, che vuole sedurre la bella Alcmena, sposata al tronfio Anfitrione, e i rispettivi complici e servitori, Mercurio e Sosia. Oggi, in questa nostra Italia, ostaggio dell’incompetenza al potere, Anfitrione è un politico improvvisato, che ha inaspettatamente vinto le elezioni cavalcando l’onda populista. Giove ci ha messo lo zampino, per distrarlo e sostituirsi a lui nel letto di Alcmena, prendendone le fattezze, ma non la rozzezza, e proponendosi quindi alla donna, qui una professoressa di scuola media di una cittadina di provincia, come l’uomo che aveva sempre sognato. E, in un gioco di specchi interclassista, lo stesso farà il diabolico e sfrontato Mercurio, sostituendosi a Sosia, trasformato nel portaborse di Anfitrione, nell’alcova della moglie Bromia.
A riscrivere la commedia plautina, al Manzoni da questa sera, è la penna aguzza di Sergio Pierattini, coadiuvata da un bel cast — Gigio Alberti, Barbora Bobulova, Antonio Catania, Giovanni Esposito, Valerio Santoro e Valeria Angelozzi — e dalla regia di Filippo Dini. «Chi è la divinità oggi? — si chiede il regista — Molière alludeva elegantemente che fosse un esponente della nobiltà, con una neanche troppo velata critica al potere. Per noi, figli della psicanalisi, è una seconda possibilità per il protagonista, Anfitrione: Giove è la sua metà oscura in positivo, quella che ognuno di noi possiede, ma spesso confina nelle zone buie dell’anima». «C’è un Anfitrione becero, volgare e arrogante — puntualizza Pierattini — e un Anfitrione interpretato da Giove, gentile e modello dell’uomo perfetto o quasi. Gli fa eco un’Alcmena nevrotizzata e vittima della sciatteria del marito, a fronte di un’altra Alcmena, dolce e sensuale che vediamo alle prese con Giove quando prende le sembianze di Anfitrione». In questa girandola di equivoci e di scambi di identità, è però la donna a rimetterci: rischia di uscirne pazza, sicuramente ferita «perché è l’unica che ha subìto e che non ha avuto la possibilità di scegliere», aggiunge Barbora Bobulova. Svelato l’inganno, infatti, non le resterà che tenersi il ruvido consorte e un paio di gemelli, di cui uno, Eracle, in ricordo dell’amante divino. «E per giunta Anfitrione — dice Antonio Catania — non imparerà la lezione, attribuendo a Giove la responsabilità dell’accaduto e portando questo atteggiamento anche nel suo modo di fare politica: ogni disastro che combinerà sarà colpa degli dei». Un meccanismo comico senza tempo, in cui l’alternarsi tra verità e inganno, intesi e malintesi, genera situazioni bizzarre, che ben riflettono le sempre più grottesche vicende del nostro presente, in cui «non è stato difficile — parole di Dini — trovare riferimenti calzanti, assolutamente bipartisan».