Il Requiem di Verdi con Flor
Orchestra Il maestro si insedia ufficialmente sul podio dell’Auditorium «Dirigo questa pagina come se fosse stata scritta per gli uomini di oggi»
«So che il Requiem è una delle pietre miliari nella storia non solo di Verdi ma della Verdi, però la musica va fatta nel presente, anzi di più, nell’istante: la tradizione vale solo se aiuta a ricreare ex novo un’opera. Per evitare equivoci: non dobbiamo fingere di essere nel 1874, immaginare di essere in San Marco e ascoltare il Requiem a un anno dalla morte di Manzoni, l’ideale è dare l’impressione che quest’opera sia stata scritta oggi per gli uomini d’oggi». Come attuale direttore musicale della Verdi, Claus Peter Flor non può non confrontarsi con la storia di questa formazione; e lo fa con la consapevolezza di aver maturato attraverso percorsi suoi personali un repertorio molto simile: le sinfonie di Beethoven, che ha eseguito integralmente la scorsa estate, quelle di Brahms e Mahler, con cui ha aperto la stagione alla Scala riprendendo il percorso sviluppato in questi anni.
Appuntamento con la tradizione Da stasera lo attende il Requiem di Verdi, appuntamento irrinunciabile nella settimana dedicata alla memoria dei santi e dei defunti così come lo sono la Nona di Beethoven a Capodanno o le Passioni di Bach nella Settimana Santa. «Conosco bene il repertorio sacro: da piccolo cantavo nel coro della cattedrale, poi ho iniziato a suonare nell’orchestra che accompagnava le funzioni solenni, sono stati 24 anni in tutto. Poi i troppi impegni sul podio mi hanno allontanato dal servizio liturgico ma non dal repertorio sacro: ho diretto il Requiem una ventina di volte».
Sull’atavica e probabilmente irrisolvibile querelle a riguardo alla sincera religiosità di Verdi, Flor è netto: «Per me il problema non si pone: Verdi ha davanti non un libretto d’opera approntatogli da un Piave o un Boito, bensì il testo latino della missa defunctorum; di fronte a queste parole fa semplicemente e meravigliosamente il suo dovere di musicista, riveste ogni frase della musica più consona, sceglie per le voci e l’orchestra le melodie, le armonie e i colori ideali per far emergere i significati che secondo lui si sprigionano da un Dies irae, da un Libera me o un Agnus Dei. Per questo il Requiem può essere eseguito sia in una chiesa sia in un auditorium, come avviene qui alla Verdi; ma lo stesso vale per i Requiem di Mozart, Brahms e per la Nona di Beethoven: l’Inno alla gioia può essere considerato musica religiosa? Con le note non è mai semplice stabilire dei confini precisi». Comunque lo si voglia inquadrare, «è un capolavoro: l’orchestra diventa un secondo coro che canta senza pronunciare le parole».