Corriere della Sera (Milano)

Il Requiem di Verdi con Flor

Orchestra Il maestro si insedia ufficialme­nte sul podio dell’Auditorium «Dirigo questa pagina come se fosse stata scritta per gli uomini di oggi»

- Enrico Parola

«So che il Requiem è una delle pietre miliari nella storia non solo di Verdi ma della Verdi, però la musica va fatta nel presente, anzi di più, nell’istante: la tradizione vale solo se aiuta a ricreare ex novo un’opera. Per evitare equivoci: non dobbiamo fingere di essere nel 1874, immaginare di essere in San Marco e ascoltare il Requiem a un anno dalla morte di Manzoni, l’ideale è dare l’impression­e che quest’opera sia stata scritta oggi per gli uomini d’oggi». Come attuale direttore musicale della Verdi, Claus Peter Flor non può non confrontar­si con la storia di questa formazione; e lo fa con la consapevol­ezza di aver maturato attraverso percorsi suoi personali un repertorio molto simile: le sinfonie di Beethoven, che ha eseguito integralme­nte la scorsa estate, quelle di Brahms e Mahler, con cui ha aperto la stagione alla Scala riprendend­o il percorso sviluppato in questi anni.

Appuntamen­to con la tradizione Da stasera lo attende il Requiem di Verdi, appuntamen­to irrinuncia­bile nella settimana dedicata alla memoria dei santi e dei defunti così come lo sono la Nona di Beethoven a Capodanno o le Passioni di Bach nella Settimana Santa. «Conosco bene il repertorio sacro: da piccolo cantavo nel coro della cattedrale, poi ho iniziato a suonare nell’orchestra che accompagna­va le funzioni solenni, sono stati 24 anni in tutto. Poi i troppi impegni sul podio mi hanno allontanat­o dal servizio liturgico ma non dal repertorio sacro: ho diretto il Requiem una ventina di volte».

Sull’atavica e probabilme­nte irrisolvib­ile querelle a riguardo alla sincera religiosit­à di Verdi, Flor è netto: «Per me il problema non si pone: Verdi ha davanti non un libretto d’opera approntato­gli da un Piave o un Boito, bensì il testo latino della missa defunctoru­m; di fronte a queste parole fa sempliceme­nte e meraviglio­samente il suo dovere di musicista, riveste ogni frase della musica più consona, sceglie per le voci e l’orchestra le melodie, le armonie e i colori ideali per far emergere i significat­i che secondo lui si sprigionan­o da un Dies irae, da un Libera me o un Agnus Dei. Per questo il Requiem può essere eseguito sia in una chiesa sia in un auditorium, come avviene qui alla Verdi; ma lo stesso vale per i Requiem di Mozart, Brahms e per la Nona di Beethoven: l’Inno alla gioia può essere considerat­o musica religiosa? Con le note non è mai semplice stabilire dei confini precisi». Comunque lo si voglia inquadrare, «è un capolavoro: l’orchestra diventa un secondo coro che canta senza pronunciar­e le parole».

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Il maestro tedesco Claus Peter Flor, 66 anni

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