Corriere della Sera (Milano)

Un Pan’Cot in Galleria

Dopo i lavori di restyling lo storico bar Camparino riapre con nuove sale e piatti firmati Davide Oldani

- Roberta Schira

Ma come si mangia, e come si beve, al Camparino in Galleria, riaperto al pubblico da qualche giorno dopo i lavori di restauro? In nome dei milanesi curiosi, siamo andati a provarlo e a farci raccontare le novità di un luogo che fa parte della storia cittadina fin dal 1915. La logica del Gruppo Campari, proprietar­io, è la stessa che 104 anni ispirò il fondatore Gaspare Campari: investire sui migliori artigiani ed esaltare dettagli d’epoca Art Nouveau. Il locale si presenta con veste nuova e nuovi spazi, come il seminterra­to e la splendente Sala Spiritello, e ha aggiunto l’offerta di cucina al pianterren­o, al bar detto «di passo» (non c’era mai stata). La parte innovativa della riapertura è il concetto del «pairing», arte di abbinare una bevanda a un piatto cercando armonia o contrasto sul palato. «Sono orgoglioso di vivere la rinascita di un locale che rimane il simbolo della Galleria e dell’aperitivo milanese», dice Tommaso Cecca, ex Cafè Trussardi, ora responsabi­le del Camparino in qualità di direttore e bar manager. «L’happy hour è giunto al capolinea. Milano ha vinto la sfida europea nel bere e nel mangiare di qualità, ma finora i due campi erano rimasti separati. La scommessa di Camparino è creare il matrimonio perfetto tra la grande cucina italiana, interpreta­ta da Davide Oldani, e l’alta mixologia. Il Bar di Passo, metropolit­ano e dinamico, lavora con i classici, mentre Spiritello, al piano rialzato, propone anche cocktail signature: chi viene si prende il tempo per una vera esperienza».

Ma ci voleva un’idea forte, ed è venuta allo chef Oldani: si chiama Pan’Cot. Nulla da stupirsi: era stato proprio lo chef del D’O di Cornaredo a nobilitare la cipolla, due lustri fa; dopo la sua alchimia, si caramella e diventa piatto di alta cucina. «Non ho fatto nulla di strano, per il Camparino», dice Oldani, modesto. «Ho solo ripreso in mano le mie radici milanesi. La generazion­e di mia madre ammorbidiv­a il pane nell’acqua o nel latte, poi lo metteva sulla stufa ad arrostire». Ed è ciò che Oldani ha fatto al Camparino: creare una serie di basi lievitate da 30 o 50 grammi, leggerment­e croccanti su un lato, come fogli bianchi da «disegnare» con ingredient­i dolci o salati. Oppure i grandi classici reinterpre­tati, come il risotto alla milanese sotto forma di crema o la cacio e pepe. A ogni Pan’Cot corrispond­e il suo cocktail. Esempio di un pairing perfetto? Quello con il bruscitt, sorta di ragù lombardo con retrogusto speziato, dove domina la noce moscata, abbinato a un classico Americano. Le cucine e i laboratori di pasticceri­a occupano il seminterra­to, tutto viene prodotto internamen­te. Nei tre piani (sono anche previsti corsi per bartender, nella nuova Sala Gaspare Campari) lavorano oltre 40 persone. Camparino resta aperto 362 giorni all’anno.

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