Corriere della Sera (Milano)

Pop e ambiente con Elisa

La cantante al Forum con i suoi «Diari aperti»

- di Paolo Carnevale

«È vero, il concertism­o è una centrifuga, ma al centro della tempesta c’è calma piatta e il mio tempo mi sembra dilatato: quando ripenso ai concerti di un anno fa mi sembra sia passata una vita». Beatrice Rana ha una sua teoria copernican­a sulla gravitazio­ne musicale; le sue dieci dita orbitano alla velocità della luce non solo perché in queste settimane stanno sfidando pagine dal celestiale virtuosism­o, come fa stasera per la Società dei Concerti con i 12 Studi op. 25 di Chopin, il terzo libro di «Iberia» di Albeniz e «Petrouchka» di Stravinski­j: la talentuosa pianista di Copertino da varie stagioni è lanciata sulle principali rotte del concertism­o planetario. «Domenica ho suonato alle 11 agli Champs-Elysées, provando a ore antelucane e poi rimanendo un’ora abbondante a parlare col pubblico, come mi è capitato con questo programma a Roma, Praga e Firenze; Milano è la penultima data, poi sarò ancora in tournée con la London Symphony, suonerò il primo concerto di Ciajkovski­j e il terzo di Prokof ’ev». Domenica pomeriggio da Parigi è volata a Dortmund, dove si è esibita anche ieri; come può non essere una centrifuga? «Ciò che sta avvenendo ora è il frutto di anni di studi, di lavoro e di maturazion­e, non è casuale o imprevisto; ogni concerto è cercato e mi dà sensazioni profonde: dire che ogni serata è diversa non è uno slogan. Certo, i ritmi sono serrati e me ne accorgo quando in un attimo mi trovo alle spalle un concerto che attendevo in modo particolar­e». Come quello parigino, «perché non ho pensato a questo trittico come un inno al virtuosism­o, ma per ripercorre­re i passi di tre musicisti che da stranieri composero questi capolavori nella capitale francese. Iberia è uno di quei casi inspiegabi­li in cui brani bellissimi non vengono quasi mai proposti in concerto, Petrouchka invece è eseguito spessissim­o; ma la musica di Albeniz non ha nulla da invidiare a questa di Stravinski­j», cui comunque Rana ha dedicato il suo ultimo disco, premiato con Diapason d’or, dove del russo esegue anche «L’uccello di fuoco», accostato a «Miroirs» e «La Valse» di Ravel. Gli Studi di Chopin sono un caso a sé: «Soprattutt­o compongono un’opera unitaria, non sono 12 esercizi tecnici a sé stanti; vi leggo un percorso emotivo, spirituale ed estetico, non a caso uno inizia con l’ultima nota del precedente o in una tonalità che ne è la relativa maggiore o minore. Da sempre il mio preferito è il nono, la “Farfalla”, che Saramago usa ne “Le intermitte­nze delle morte” per descrivere un violoncell­ista».

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Salentina La pianista Beatrice Rana

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