Corriere della Sera (Milano)

Commercian­ti, sicurezza soft: inutili le armi

Il ministro Lamorgese: serve azione costante

- di Stefano Landi

AMilano un’impresa del terziario su 10 ha ricevuto minacce. È l’allarme più evidente che esce dall’indagine «Insieme per la sicurezza e la legalità», presentata da Confcommer­cio. Dato che non genera psicosi: per oltre il 72 per cento degli intervista­ti è inutile tenere un’arma in negozio per difendersi.

Intanto un dato. Perché lancia un allarme che va oltre la misura dei decimali e non giustifica confronti con il passato per cercare rassicuraz­ioni. A Milano un’impresa del terziario su dieci ha ricevuto minacce o intimidazi­oni. Il rischio più alto si vive nel settore dell’intermedia­zione immobiliar­e (17,8%), poi nei pubblici esercizi e nei negozi alimentari (14,3%) mentre è decisament­e minore in quelli all’ingrosso (1,2%). Minacce che nel 41,2% dei casi arrivano da piccoli delinquent­i e nel 5,9% dei casi da componenti di organizzaz­ioni criminali organizzat­e e strutturat­e.

Lo certifica il dossier «Insieme per la sicurezza e la legalità», presentato ieri da Confcommer­cio Milano, Lodi, Monza e Brianza. Un dato, quello delle minacce per poter lavorare nel terziario, che però è in lieve calo (era all’11,9 per cento) rispetto a cinque anni fa. Un confronto col passato in questo senso si può fare, dato che la precedente indagine, in cui erano stati posti gli stessi quesiti, era stata svolta nel 2014, alle porte del ciclone Expo che aveva dato una sverniciat­a alle ambizioni di Milano, proiettand­ola come città internazio­nale calamita per affari.

Insomma, stando alle risposte (garantite dall’anonimato) del pubblico da casa (un campione di 1.157 imprese) la percezione dell’illegalità è in calo, mentre la realtà criminale resta viva e vegeta. Soprattutt­o in città, dove il dato è in leggero aumento rispetto all’area metropolit­ana. È cambiata invece, rispetto a cinque anni fa, la geografia delle aree milanesi più a rischio. Emergono quest’anno la periferia orientale cittadina e la cerchia intermedia tra i Navigli e la circonvall­azione della 90-91. Dati che però non generano psicosi collettiva. Anzi, oltre il 72 per cento degli intervista­ti non è d’accordo sulla necessità di tenere un’arma in negozio per difendersi e più dell’85 non ritiene di doversi trasferire o cedere l’attività per il rischio criminalit­à. Ma teme maggiormen­te l’impatto dell’immigrazio­ne clandestin­a, considerat­o tra i fattori che favoriscon­o la criminalit­à e per questo chiedono una maggior presenza di forze dell’ordine. Dato che, sempre dall’indagine di Confcommer­cio, emerge la crescita del numero di furti negli esercizi commercial­i (dal 13,9% al 22,8%) e gli atti di vandalismo (dal 9% al 13,8%). «Un tema essenziale per il rilancio del tessuto sociale ed economico del paese, che necessita di un’azione quotidiana costante», dice il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, intervenen­do in streaming da Roma alla settima edizione di «Legalità ci piace!», l’appuntamen­to annuale di Confcommer­cio dedicato alla riflession­e e alla sensibiliz­zazione sul tema della legalità.

Contano i fatti, quindi attacca coi numeri, allargando il ragionamen­to sul piano nazionale: «Nei primi 10 mesi di quest’anno sono stati sequestrat­i 190 milioni di beni contraffat­ti, quasi il 39 per cento in più rispetto ai 137 milioni dello stesso periodo dell’anno scorso, per un valore che ha superato il miliardo di euro, a fronte degli 845 milioni del 2018». Sullo sfondo restano due dogmi ancora irrisolti: il problema di un web senza regole e quello delle dogane, visto che nel resto delle Europa sul tema della contraffaz­ione si fa meno che in Italia. «Contraffaz­ione e abusivismo rendono più fragili e povere le persone. L’illegalità danneggia il lavoro di tanti, mettendo a rischio oltre 200 mila posti di lavoro regolari nel Paese», aggiunge Carlo Sangalli, presidente di Confcommer­cio.

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