Commercianti, sicurezza soft: inutili le armi
Il ministro Lamorgese: serve azione costante
AMilano un’impresa del terziario su 10 ha ricevuto minacce. È l’allarme più evidente che esce dall’indagine «Insieme per la sicurezza e la legalità», presentata da Confcommercio. Dato che non genera psicosi: per oltre il 72 per cento degli intervistati è inutile tenere un’arma in negozio per difendersi.
Intanto un dato. Perché lancia un allarme che va oltre la misura dei decimali e non giustifica confronti con il passato per cercare rassicurazioni. A Milano un’impresa del terziario su dieci ha ricevuto minacce o intimidazioni. Il rischio più alto si vive nel settore dell’intermediazione immobiliare (17,8%), poi nei pubblici esercizi e nei negozi alimentari (14,3%) mentre è decisamente minore in quelli all’ingrosso (1,2%). Minacce che nel 41,2% dei casi arrivano da piccoli delinquenti e nel 5,9% dei casi da componenti di organizzazioni criminali organizzate e strutturate.
Lo certifica il dossier «Insieme per la sicurezza e la legalità», presentato ieri da Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza. Un dato, quello delle minacce per poter lavorare nel terziario, che però è in lieve calo (era all’11,9 per cento) rispetto a cinque anni fa. Un confronto col passato in questo senso si può fare, dato che la precedente indagine, in cui erano stati posti gli stessi quesiti, era stata svolta nel 2014, alle porte del ciclone Expo che aveva dato una sverniciata alle ambizioni di Milano, proiettandola come città internazionale calamita per affari.
Insomma, stando alle risposte (garantite dall’anonimato) del pubblico da casa (un campione di 1.157 imprese) la percezione dell’illegalità è in calo, mentre la realtà criminale resta viva e vegeta. Soprattutto in città, dove il dato è in leggero aumento rispetto all’area metropolitana. È cambiata invece, rispetto a cinque anni fa, la geografia delle aree milanesi più a rischio. Emergono quest’anno la periferia orientale cittadina e la cerchia intermedia tra i Navigli e la circonvallazione della 90-91. Dati che però non generano psicosi collettiva. Anzi, oltre il 72 per cento degli intervistati non è d’accordo sulla necessità di tenere un’arma in negozio per difendersi e più dell’85 non ritiene di doversi trasferire o cedere l’attività per il rischio criminalità. Ma teme maggiormente l’impatto dell’immigrazione clandestina, considerato tra i fattori che favoriscono la criminalità e per questo chiedono una maggior presenza di forze dell’ordine. Dato che, sempre dall’indagine di Confcommercio, emerge la crescita del numero di furti negli esercizi commerciali (dal 13,9% al 22,8%) e gli atti di vandalismo (dal 9% al 13,8%). «Un tema essenziale per il rilancio del tessuto sociale ed economico del paese, che necessita di un’azione quotidiana costante», dice il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, intervenendo in streaming da Roma alla settima edizione di «Legalità ci piace!», l’appuntamento annuale di Confcommercio dedicato alla riflessione e alla sensibilizzazione sul tema della legalità.
Contano i fatti, quindi attacca coi numeri, allargando il ragionamento sul piano nazionale: «Nei primi 10 mesi di quest’anno sono stati sequestrati 190 milioni di beni contraffatti, quasi il 39 per cento in più rispetto ai 137 milioni dello stesso periodo dell’anno scorso, per un valore che ha superato il miliardo di euro, a fronte degli 845 milioni del 2018». Sullo sfondo restano due dogmi ancora irrisolti: il problema di un web senza regole e quello delle dogane, visto che nel resto delle Europa sul tema della contraffazione si fa meno che in Italia. «Contraffazione e abusivismo rendono più fragili e povere le persone. L’illegalità danneggia il lavoro di tanti, mettendo a rischio oltre 200 mila posti di lavoro regolari nel Paese», aggiunge Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio.