Corriere della Sera (Milano)

MEAZZA, ICONA E LEGGENDA DERBY TRA COMUNE E SOCIETÀ

- Danilo Sarugia

Caro Schiavi, nella risposta data al signor Cavallini (7 ottobre) lei scrive che «San Siro è nato dalla volontà privata, dal presidente del Milan Piero Pirelli nel 1926 (l’Inter giocava all’Arena)». Non è così. L’Inter, che nel 1928 sarebbe diventata Ambrosiana per «desiderio» del regime fascista (il nome «Internazio­nale» richiamava l’Internazio­nale di Marx, Lenin, eccetera…), dopo avere giocato nei primissimi anni su un campo di Ripa Ticinese e su quello dell’Arena, si sarebbe trasferita nel 1913 sul campo di via Goldoni 61, zona Monforte; la partita inaugurale, un’amichevole contro la Lazio. Ci giocherà fino alla terzultima partita del campionato 1929-30, il primo a girone unico: 3-3 col Genoa, tripletta del giovane, fenomenale, Peppino Meazza, sarà terzo scudetto per i nerazzurri allenati da Arpad Weisz. Ma è tragedia: crolla la tribuna in legno, 128 feriti. L’Ambrosiana torna all’Arena per giocarci fino al ’47.

N.B. Sono pienamente d’accordo con lei: abbattere lo stadio di San Siro, intitolato nel 1980 all’interistis­simo Meazza, sarebbe molto più di un errore. E per me, vecchio cuore nerazzurro, molto doloroso. Come scrisse quel tale, «quando la storia supera la realtà, si stampa la storia». O no?

Caro Sarugia, prendo al volo (e ringrazio) la sua puntualizz­azione storica per dire che forse non ci si deve impiccare intorno allo stadio unico: Milan e Inter potrebbero avere ognuno il proprio, come da tradizione. Quattro anni fa la società rossonera con Barbara Berlusconi aveva opzionato il Portello e c’era chi suggeriva l’area Expo: in questo caso l’Inter sarebbe rimasta a San Siro in uno stadio ristruttur­ato e senza il terzo anello. Il Meazza con Berlusconi e Moratti avrebbe avuto un percorso diverso, oggi le proprietà straniere hanno fatto cartello e lanciato un’Opa sui terreni. Il Comune è preso in mezzo, prima apre al mega progetto di Milan e Inter, poi frena, infine cerca un compromess­o: nuovo stadio senza abbattere San Siro. Ma le società vogliono le cubature per valorizzar­e il loro investimen­to: non c’entra la bandiera. Ieri sono stati presentati dai Comitati due controprog­etti che smentiscon­o l’impossibil­ità di migliorare l’esistente senza trasferire le squadre, creando posti vip e premium, negozi, musei, ristoranti. In 3 anni San Siro può cambiare faccia per la quarta volta, restando un’icona.

N. B. «Questo è il West», dice un vecchio film, dove se la realtà diventa leggenda, vince la leggenda. San Siro non è come il West?

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