L’onda della Galleria contro l’odio
Migliaia di sindaci e cittadini con Liliana Segre: «Lasciamo il rancore agli anonimi da tastiera»
Tremila in piazza per Liliana Segre. Non ci sono bandiere politiche, solo spazio alle parole della senatrice a vita sopravvissuta alla Shoah, sotto scorta dallo scorso 7 novembre per le minacce ricevute. «Oggi siamo qui per parlare di amore, non di odio. Lasciamo l’odio agli anonimi della tastiera e guardiamoci da amici, anche se ci incontriamo solo per un attimo». In corteo, come un fiume che ha attraversato anche la Galleria, migliaia di cittadini e sindaci giunti da tutta Italia: un corteo bipartisan, che va dai democratici alla Lega, ai Cinque Stelle, a Forza Italia. «Basta indifferenza», è stato l’appello. Segre ha auspicato «un patto tra generazioni per difendere la memoria».
Non ci sono bandiere politiche, schieramenti e divisioni. C’è spazio solo per le parole di Liliana Segre sul palco allestito in piazza Scala. Seguite da un lungo applauso, da un minuto di silenzio chiesto dal sindaco Beppe Sala e dall’inno nazionale cantato da tutti i sindaci e i cittadini accorsi al corteo contro l’odio in supporto della senatrice a vita sopravvissuta alla Shoah, sotto scorta dallo scorso 7 novembre per le minacce ricevute. «Oggi siamo qui per parlare di amore, non di odio. Lasciamo l’odio agli anonimi della tastiera e invece guardiamoci da amici, anche se ci incontriamo solo per un attimo». È l’apertura dell’intervento con cui Liliana Segre ringrazia la marcia dei sindaci accorsi da tutta Italia per «rappresentare non un partito, ma un sentimento civico condiviso da amministrazioni di diverso colore politico, unite oggi in questa alleanza trasversale», dice la senatrice.
La scorta di Liliana Segre sono per un giorno le tremila persone che sfilano da piazza Mercanti a piazza Scala, passando per piazza Duomo e la Galleria Vittorio Emanuele, guidate da oltre 600 sindaci di tutta Italia e di ogni schieramento dietro allo striscione «L’odio non ha futuro». Un modo per dirle: «Continueremo la tua battaglia, Liliana, da oggi la tua scorta siamo noi», dice Matteo Ricci, primo cittadino di Pesaro, che con Beppe Sala ha promosso il corteo. «Voglio continuare a credere nella bontà degli italiani — commenta il sindaco di Milano —, però è chiaro che viviamo in un’epoca in cui è facile far montare tensioni e odio, per cui noi sindaci, più di altri, abbiamo il dovere di essere qui». E annuncia: «Siamo pronti a tornare in marcia se il clima non cambierà. Il no di Milano all’antisemitismo è il no in generale all’odio». Importante tanto più in questo momento storico, ricorda il sindaco di Bologna Virginio Merola (Pd): «I dati che abbiamo testimoniano che c’è una ripresa dell’antisemitismo in tutta Europa, in Italia basta andare sui social network». Non si può restare indifferenti «di fronte al dilagare di intolleranza e odio. La risposta di questa sera è straordinaria. Non c’è solo Milano in piazza, ma tutta l’Italia», dice il vice ministro dell’Interno Matteo Mauri.
Il corteo si fa largo con difficoltà tra passanti e curiosi, che si fermano, s’informano, applaudono, intonano «Bella, ciao». In marcia ci sono anche giovani, anziani, studenti, intere famiglie. L’abbraccio collettivo apartitico è insieme un segnale forte alla politica nazionale, ricorda Giorgio Gori, primo cittadino dem di Bergamo: «Laddove il mondo politico parlamentare ha avuto qualche esitazione nell’esprimersi a favore della costituzione della commissione contro l’odio voluta da Liliana Se
gre, i sindaci rispondono compatti». Dal Pd (con i primi cittadini di Palermo, Leoluca Orlando e di Firenze, Dario Nardella, per citarne alcuni) alla Lega, passando per i 5 Stelle. «Esserci significa per noi ribadire i valori che il Movimento ha sempre fatto propri — commenta la sindaca di Torino Chiara Appendino, che lunedì ha conferito la cittadinanza onoraria alla Segre —: il rispetto dell’altro, l’essere contro l’omofobia e contro qualsiasi forma di fascismo».
Ci sono anche i sindaci di centrodestra della Lombardia, come Roberto Di Stefano, primo cittadino azzurro di Sesto San Giovanni, che ha negato la cittadinanza onoraria alla Segre: «La senatrice a vita è di tutti, non appartiene ai partiti, non ha bisogno di strumentalizzazioni o di vedersi attribuite bandierine politiche», dice. O come Massimo Cozzi, sindaco leghista di Nerviano, che non esclude di attribuire in futuro il riconoscimento alla senatrice: «Manifestiamo tutti contro questo clima d’odio. In questi casi non esistono sinistra, centro o destra, ma solo valori come la democrazia».
Di fronte alla senatrice, la commozione è palpabile, il silenzio della piazza, il lungo applauso. È quella che Segre definisce «la grande musica che riempie la piazza». Un signore le grida: «Liliana, l’Italia è qui». Un bambino sulle spalle del papà cerca di vedere quella «nonna» che da trent’anni parla agli studenti delle scuole: «Da quando ho trovato la forza di raccontare — dice Segre dal palco — guardo gli occhi dei giovani che mi ascoltano e spero molto in loro, future candele della memoria».