I vignaioli contro i colleghi truffatori: danno d’immagine
Le proteste dopo il nuovo scandalo. Via gli incarichi al presidente della Cantina di Canneto Pavese
PAVIA Da una parte c’è chi tarocca il vino con magheggi da alchimista, dall’altra c’è un mondo di produttori che alzano la testa per difendere un intero territorio e il lavoro onesto. Una bufera che soffia ancora sull’Oltrepò Pavese: a sei anni dalla vicenda sul falso vino del 2014, il copione si ripete. «Trasformavano l’acqua in vino», così il procuratore aggiunto Mario Venditti ha definito il modo di agire di amministratori ed enologi alla Cantina di Canneto Pavese. Un vino «fatto col bastone», usando acqua, zucchero e aggiunte vietate dalla normativa, per riuscire a vendere più bottiglie possibili, di qualità scadente. Una truffa, quella che mercoledì ha portato all’arresto di cinque persone, che getta ancora cattiva luce su queste vallate ricoperte da tredicimila ettari di vigneti. «Questi fatti di cronaca non portano sicuramente giovamento all’immagine di un territorio come l’Oltrepò Pavese che sta cercando di guardare oltre, di segnare il passo — spiega il presidente di La Versa e Terre d’Oltrepò, Andrea Giorgi —. Coloro che ci mettono impegno, in vigna e in cantina, non devono farsi prendere dallo sconforto. Da qui si deve ripartire, dando input a nuovi piani industriali che lasciano alle spalle storie fatte di inchieste ed avvocati».
Davanti al cancello della Cantina Sociale di Canneto mercoledì si sono radunati diversi viticoltori della zona, incuriositi da quello strano movimento di elicotteri e di lampeggianti. «Non è possibile, ci siamo ricascati ancora». È un plurale di appartenenza ad un territorio, non un concorso di colpe. Si ritorna con la mente allo scandalo che ha travolto Broni nel 2014, alla fatica degli scorsi anni nel riuscire a lavar via quella patina di disonestà. I vertici del Distretto del Vino di qualità dell’Oltrepò Pavese, di cui la cantina al centro dell’inchiesta è associata, hanno sollevato il presidente della Cantina Sociale di Canneto Pavese, ora ai domiciliari, dall’incarico di membro del Cda del Distretto e di tutte le deleghe operative. «Ringrazio le forze dell’ordine che con il loro operato contribuiscono a sradicare comportamenti fraudolenti che arrecano un danno immane al nostro settore — spiega Fabiano Giorgi, presidente Distretto Op wine —. Il nostro pensiero adesso va a tutti i produttori che con sforzi quotidiani valorizzano il nostro territorio». Intanto sui social è partita la campagna #NoiAltroOltrepo che ha radunato centinaia di persone pronte a difendere i vignaioli lontani dagli scandali.
Il precedente Nel 2014 un’altra inchiesta sulle bottiglie alterate pesò sulle società dell’Oltrepò