Morabito e Ciccio Pakistan nella lista dei super-ricercati
Boss latitanti Inseriti tra i sei considerati più pericolosi
Ci sono due «milanesi» nell’elenco dei sei latitanti più pericolosi stilato dal Viminale. Si tratta di Francesco Pelle, il «boss in carrozzina», e di Rocco Morabito, l’inafferrabile broker della cocaina catturato e poi evaso da un carcere in Uruguay. Entrambi legati alla ‘ndrangheta hanno vissuto a lungo a Milano. Pelle, detto Ciccio Pakistan, per curarsi al Niguarda dopo l’agguato del 2006 nel quale è rimasto paralizzato. Morabito ormai quasi trent’anni fa, quando nei primi anni Novanta trafficava tonnellate di cocaina muovendosi tra i locali del centro. Pelle, peraltro, è fuggito proprio dalla sua casa al quartiere Niguarda lo scorso giugno. Su di lui pende una condanna all’ergastolo per un omicidio legato alla faida di San Luca.
C’è un bel pezzo di Milano nell’elenco dei super ricercati d’Italia. Boss delle cosche calabresi che hanno legato a doppio filo il loro nome a quello della città dove, trafficando droga o da uomini liberi, hanno trascorso in modo praticamente invisibile molti anni della loro esistenza.
Nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità stilato dalla Direzione centrale della polizia criminale del ministero dell’Interno, ci sono infatti i nomi dei due latitanti Francesco Pelle, 42 anni, detto «Ciccio Pakistan» e di Rocco Morabito, 54 anni, «’u Tamunga». Entrambi sono spariti dal giugno dello scorso anno, il primo con una condanna definitiva all’ergastolo per la faida di San Luca, il secondo con 30 anni scontare per traffico di droga. Insieme a loro soltanto altri quattro criminali: l’inafferrabile Matteo Messina Denaro, Giovanni Motisi, Attilio Cubeddu e Renato Cinquegranella.
A legare le storie di Pelle e Morabito c’è innanzitutto l’appartenenza alla ‘ndrangheta. Il primo, come erede di una famiglia di San Luca, in provincia di Reggio Calabria, e protagonista di una lunga faida sfociata nei sei morti del Ferragosto 2007 a Duisburg, in Germania. Il secondo con il prezioso ruolo di «broker» della cocaina in Sud America per conto della famiglia Morabito di Africo (RC). Entrambi hanno vissuto a Milano, anche se in epoche molto diverse. La Milano di Morabito era una città immersa nei primi anni Novanta, travolta dal dopo Tangentopoli (1994), e abituata a una criminalità violenta e spietata. ‘U Tamunga, però, era un boss in doppiopetto, abituato più a frequentare locali e a stringere mani che ad impugnare pistole. Tanto che era stato intercettato in un’inchiesta per traffico di droga mentre gestiva una partita di coca da 13 miliardi di lire. Frequentava piazza san Babila,
Porta Lodovica, l’Ortomercato. Il suo arresto, dopo 23 anni (il 3 settembre 2017) in Uruguay dove viveva sotto falso nome fingendosi imprenditore. Poi nel giugno scorso la fuga rocambolesca dal carcere dove era in attesa di estradizione e la nuova latitanza. Per gli investigatori potrebbe trovarsi in Brasile, dove da sempre gode di appoggi. Ma anche in altri Paesi del Sud America come Venezuela, Argentina
o sempre ben protetto in Uruguay.
E all’estero per farsi curare potrebbe essere anche il boss Francesco Pelle. La sua storia è ancora più incredibile. Nel 2006 resta vittima di un agguato ad Africo Nuovo. A sparare sono i rivali «Nirta». Lui subisce una lesione alla colonna vertebrale che lo costringe in sedia a rotelle. Ma che non ferma la sua sete di vendetta, tanto che per i giudici è lui ad ordinare la strage di Natale del 2006 quando viene uccisa Maria Strangio. L’episodio che innescò la successiva Strage di Duisburg.
Ciccio Pakistan era stato poi arrestato sotto falso nome nel 2008 alla clinica Maugeri di Pavia dove era in cura fingendosi vittima di un incidente stradale. Poi era stato scarcerato per potersi curare ed era finito a Milano. Prima in via Val Maira e, poi, in via Palanzone per seguire un percorso speciale all’unità spinale del Niguarda. A giugno, quando la condanna all’ergastolo è diventata definitiva, gli agenti non l’hanno più trovato. A casa c’era solo la moglie, con le valigie già fatte.