Turisti contagiati, due giorni in città
Sbarcati il 23, due giorni in città. Chinatown si svuota
Sono sbarcati a Malpensa il 23 gennaio e avrebbero soggiornato due giorni a Milano i turisti cinesi originari della provincia di Wuhan, marito e moglie, 66 e 67 anni, ricoverati da ieri sera all’ospedale Spallanzani di Roma. L’assessore regionale alla Sanità Giulio Gallera rassicura: «Nessun allarme». Ma intanto Chinatown si svuota. Semideserti i ristoranti. Gli imprenditori: «Noi vittime della paura. Le nostre materie prime sono acquistate quasi tutte a Milano». Per oggi il Comune e Confcommercio hanno organizzato un pranzo scaccia-psicosi in zona Sarpi. I giornali online della comunità denunciano un clima ostile anche nei confronti dei bambini nelle scuole.
Marito e moglie, 66 e 67 anni, originari della provincia di Wuhan. I due turisti cinesi ricoverati ieri sera all’ospedale Spallanzani di Roma erano atterrati a Malpensa il 23 gennaio (prima che venissero attivati i controlli sanitari sugli aerei, da domenica 26) e sarebbero rimasti un paio di giorni a Milano prima di continuare con la loro comitiva il viaggio in Italia, direzione Roma, appunto. È la prima traccia del virus, anche se indiretta, in Lombardia. Le analisi di ieri su un altro caso sospetto di Coronavirus, al San Gerardo di Monza, hanno dato esisto negativo. Solo paura per l’uomo, un 40enne appena rientrato dalla Cina, che mercoledì si era presentato al pronto soccorso ed era stato ricoverato in isolamento. «Non c’è allarme in Lombardia», ha ribadito ieri a tarda sera l’assessore regionale alla Sanità Giulio Gallera. Oggi a mezzogiorno pranzo scacciapaura a Chinatown con l’assessore Tajani e i delegati Confcommercio. Domani e dopo alcuni commercianti cinesi allestiranno uno stand, all’angolo tra via Paolo Sarpi e via Niccolini, per vendere abiti devolvere il ricavato alle vittime in Cina. (r.red.)
Ci sono cinque ragazzi seduti davanti a polli al limone e chili con carne. Lavorano da Microsoft, quindi con le finestre che affacciano sulla Chinatown meneghina. Almeno una volta a settimana fanno qui la loro pausa pranzo. Un rito che non tradiscono nemmeno oggi, nonostante intorno il vento della paura abbia spazzato via la gente dai ristoranti cinesi della città. «Non abbiamo timori, ma abbiamo parlato solo di quello», raccontano mentre ancora non si è diffusa la notizia che i turisti contagiati dal virus (ricoverati a Roma) erano passati anche in città. I tavoli intorno sono tutti apparecchiati. Ma Fan Zhang, 35 anni, sa che anche oggi il suo Chateau Dufan resterà semi deserto. «A inizio gennaio mi hanno rubato la borsa con dentro quattro giorni di incasso. Ora tutto questo. Ho messo il braccialetto anti-sfortuna ma direi che non basta. L’anno del topo è iniziato nel peggiore dei modi». Intanto i numeri: «Di solito a pranzo faccio due giri. Un centinaio di coperti, mercoledì erano 40, oggi se va bene arriviamo a 25», racconta. Giovane imprenditore, è partito da una gelateria, all’angolo tra Sarpi e piazzale Baiamonti. Due anni e mezzo fa si è allargato e ora gestisce un ristorante frequentato per il 95 per cento da italiani. Quindi oggi è semivuoto. «Non penso che l’Italia sia un Paese razzista, ma c’è tanta gente che di noi pensa male a priori. Che probabilmente è contenta a vederci in difficoltà. C’è chi cancella le prenotazioni o non passa nemmeno qui davanti», dice Fan. Sul telefono scorre le tante chat che frequenta da cinese trapiantato in Italia. Quelle che in questi giorni raccontano un crescendo di episodi di discriminazione e razzismo. «Ho due figlie, una
40
La percentuale di introiti in meno a Milano nel business legato ai flussi turistici cinesi
100
I coperti medi a pranzo al ristorante Chateau Dufan A causa del virus sono calati a 25
iscritta alle elementare, l’altra alle medie. Il clima non è buono», aggiunge entrando in cucina. Chateau Dufan è uno dei tanti posti della nuova Paolo Sarpi mecca gourmet. Dove il livello della cucina cresce insieme al palato e al volume dei clienti. «Le materie prime che usiamo le prendiamo quasi tutte a Milano: al mercato del pesce, alla macelleria di via Farini. Anche le verdure arrivano da vicino. Dalla Cina importiamo solo salse confezionate, soia, vino di riso che si usa per preparare alcuni piatti. La nostra cucina tradizionale è cotta. Quindi senza nessun rischio a prescindere dal Coronavirus. Io preparo anche delle tartare, ma il pesce viene abbattuto. La legge italiana è molto severa in questo senso».
Eppure la paura ha convinto molta gente che anche mangiare un involtino primavera in un ristorante cinese possa essere una roulette russa. «In questi giorni difficili ci stiamo confrontando con i colleghi della zona. Anche gli amici che fanno sushi takeaway hanno subito un crollo. La cosa che ci sorprende di più è come possa la gente pensare che ci convenga importare carne a costi più alti. Sarebbe totalmente privo di senso». Bar e ristoranti intorno sono mediamente vuoti. Ci sono i turisti, ma pochissimi italiani. Per l’economia locale è una brutta botta. «La cosa che ci preoccupa di più in questo momento è raccogliere e mandare aiuti in patria. Là la situazione è drammatica».
Da Chateau Dufan lavorano 22 persone: in un angolo c’è un cameriere italiano con l’aria rassegnata. Con lui lavora un mix di filippini, marocchini, pachistani, ovviamente cinesi. «Non posso mandarli a casa, aspettiamo che si torni alla normalità. Ma sappiamo bene che per almeno un mese sarà un inferno. Il presente è un punto di domanda», continua Fan. E tutto il sommato anche il futuro. Serve prenderla con buone dosi di filosofia. Passa un’altra ristoratrice che lavora qualche metro più avanti. Le chiedi se non è il caso di creare un fronte di comunicazione comune. Dice che ha paura che a spiegare troppo la gente pensi (e si crogioli) ancora di più nelle sue paure. L’ultima diffusa è quella che ci siano cinesi malati che non si fanno curare. «Guardate che anche noi abbiamo paura di morire: se qualcuno avesse solo un dubbio non starebbe certo chiuso in casa», dice Fan.
L’appuntamento Contro la paura previsto oggi un pranzo pubblico di assessore e Confcommercio