Chinatown, affari in ripresa «Virale» il blog anti-psicosi
Francesca, la blogger «Combatto la psicosi con le foto dei ravioli»
Quattro casi in corso di valutazione in Lombardia pe possibile contagio. A una settimana dall’inizio della psicosi collettiva che ha colpito la comunità cinese di Milano, si fanno i conti: meno 50-70% di ricavi in Chinatown. Ma da venerdì l’inversione di rotta (meno 30%), grazie a campagne di sensibilizzazione di politici e blogger, come Francesca, la food blogger che combatte la psicosi con le foto dei ravioli. L’hashtag «#IoVadoAlCinese» diventa virale.
Ha giocato sulla sua notorietà nel web e ha lanciato la campagna virale per aiutare tutti i ristoratori della Chinatown milanese di zona Sarpi, alle prese con le pesanti conseguenze del Coronavirus sugli incassi. Tra i tanti che si stanno mobilitando per combattere la psicosi, infatti, c’è anche chi ha pensato di far leva sulla potenza della rete, delle piazze social, per far tornare la gente nei locali cinesi. Per questo ha deciso di scendere in campo Francesca Noè, 29 anni, la foodblogger di «A Milano Puoi», che da due anni a questa parte dispensa quotidianamente consigli ai suoi 43 mila follower. «Spesso ho dedicato articoli e post alla cucina cinese, di cui sono grande estimatrice. Non potevo starmene con la mani in mano», racconta. Così, dopo aver visto i tavoli vuoti, e i chioschi del cibo da strada senza la solita fila in attesa, la influencer di ristoranti, pub e localini giusti di Milano e dintorni, ha pensato di sfruttare la sua popolarità sui social network per aiutare i ristoratori cinesi, lanciando l’hashtag #IoVadoalCinese. Ha girato un breve video e l’ ha pubblicato sul suo seguitissimo profilo Instagram, invitando gli utenti ad assecondare tranquillamente la voglia di cibo cinese e a vincere la psicosi del virus a suon di ravioli al vapore, pollo alle mandorle e noodles.
In poche ore, il suo video messaggio è stato visto da oltre 10 mila persone, che hanno risposto in massa al suo appello. «Mi trovavo a Cuba quando è scoppiata l’epidemia, ma appena tornata, senza pensarci troppo, sono andata in Sarpi a cena in un ristorante gestito da una coppia di cinesi, ormai diventati amici. Non mi aspettavo di trovare tanta desolazione — racconta Francesca Noè —. Mi hanno confessato che nel giro di una settimana, loro come tanti altri gestori, saranno costretti a ridurre il personale. C’è chi, talmente demoralizzato, sta addirittura pensando di chiudere l’attività. Erano angosciati e tristi nel vedere quei locali stranamente deserti. Così ho pensato a come avrei potuto essere d’aiuto e ho parlato alle migliaia di persone che seguono i miei consigli food».
Quella di Francesca Noè è una delle tante iniziative anti-psicosi organizzate a sostegno della comunità cinese di Milano, in una Paolo Sarpi svuotata per la paura del contagio. Un’idea che sta funzionando a colpi di like e condivisioni. I post con le foto e i video davanti a piatti fumanti di ramen, di vaschette take away e street food tipico, si stanno moltiplicando velocemente.
In centinaia hanno risposto
Influencer
Il profilo Instagram «A Milano puoi», nato due anni fa, conta 43 mila follower
A cena Sono andata in un ristorante gestito da una coppia che conosco: locale vuoto, loro desolati
Sui social Appena ho lanciato la campagna, sono stata subissata di video e immagini di cibo fantastico, tipico dei locali cinesi
I post Ho dedicato tanti post a questa cucina di cui sono una grande estimatrice, dovevo fare qualcosa subito
L'appello
In poche ore migliaia di persone hanno risposto rilanciando immagini a tema
all’appello della blogger, e #IoVadoalCinese è diventato virale in una manciata di ore. Una sorpresa anche per la stessa foodblogger milanese che ieri ha partecipato alla camminata solidale in via Paolo Sarpi, portando per le strade la sua battaglia social: «Non mi aspettavo tanto calore, la risposta è stata immediata. Appena lanciato l’hashtag #IoVadoalCinese, sono iniziate a circolare le prime foto, poi sono stata subissata da video e immagini di cibo fantastico mangiato nei locali di Chinatown».