Con la pittura Leo riesce a comunicare
Nell’atelier di casa Simone aiuta il piccolo Leo a superare le barriere comunicative
Simone e Leonardo, 25 anni il primo, 16 il secondo, cercano con la pittura di salvare dalla solitudine Leo, affetto da una malattia genetica con gravi disturbi dello spettro autistico. Per il 12 febbraio, allo spazio Tirabasso di via Gessi, è in programma la loro prima performance.
Fisici opposti, intesa speciale, sempre (o quasi) vestiti uguali. Simone «alto alto» e Leonardo «basso basso», 25 anni il primo, 16 il secondo, sono i nuovi Blues Brothers. Nel film i mitici fratelli, abbigliati di nero, cercavano con la musica di salvare dalla chiusura l’orfanatrofio dove entrambi erano cresciuti. Loro invece si ricoprono dei colori più pazzi e cercano con la pittura di salvare dalla solitudine Leo, affetto da una malattia genetica con gravi disturbi dello spettro autistico. «Dopo tanti anni di lavoro come cameriere all’estero, tra Spagna e Inghilterra, forse anche per scappare dalla situazione difficile in casa, ho deciso di tornare a Milano e fare i conti con la mia storia — riconosce Simone —. Volevo allacciare un rapporto con quel fratello rimasto quasi sconosciuto». Oggi Leo ha 16 anni ma ne dimostra la metà, non è autosufficiente, ha insormontabili difficoltà a comunicare le emozioni. «Tra noi c’erano silenzi. E non parlo di silenzi carichi di senso, parlo di silenzi vuoti, dove entrambi ci sentivamo smarriti, incapaci di trovarci».
Un sabato pomeriggio dello scorso maggio, tentando per l’ennesima volta l’approccio, Simone si è accorto che il disegno li aiutava a divertirsi insieme. Una svolta semplice, solo in apparenza banale. Quello stesso giorno ha ricoperto di cellophane il salotto del piccolo alloggio dove abitano con la mamma e il papà. «È diventata una stanza di plastica dalle pareti al pavimento al soffitto, e così è rimasta da allora. Un atelier casalingo che ho riempito di tempere e tele». Lì Leo lancia per aria i pennelli, si sporca di colori, si sdraia sui quadri, scatena energie. E Simone con lui. Si liberano un po’, si sciolgono. Finalmente riescono ad entrare in contatto. Poi a quei quadri «pazzi, trasgressivi, quasi fuorilegge» danno insieme un titolo: il primo che hanno scelto è stato Leone. «È così che ci sentiamo noi coi colori in mano. Somiglia ad una terapia di coppia», scherza Simone. Dentro a quella «stanza umana» riesce a dare fiducia al fratello. Ha scacciato il senso di colpa, trovato la strada e guadagnato un amico. Per la sera del 12 febbraio, allo spazio Tirabasso di via Gessi, ha persino organizzato la prima performance di quello che ora con un certo orgoglio chiama «mio fratello, l’artista». Nel giro di neanche un anno è cambiato tutto. In giro li chiamano i Manfreda brothers e il loro atelier inizia a guadagnare notorietà presso famiglie che incontrano gli stessi problemi. Per adesso fanno tutto in casa ma avrebbero un sogno: fondare un atelier così anche fuori, da qualche parte a Milano, magari con un angolo per le mostre. Vorrebbero chiamarlo Emotional color. Simone è convinto che aiuterebbe Leo e i ragazzi come lui «a socializzare come non hanno mai fatto, in un ambiente che per qualche ora possa sciogliere le emozioni che restano imprigionate».
Leo la mattina si alza, frequenta un centro diurno a Rozzano, poi torna a casa. Quando, alle 16 in punto, tutti i giorni, entra in salotto col fratello, diventa felice. «Magari ad un certo punto inizierà a dipingere da solo. È importante che questi ragazzi conquistino una autonomia almeno parziale — ragiona Simone —. Si tratta della loro vita ma anche quella delle famiglie che hanno bisogno di un grande e meritato sostegno».
La diagnosi
Il 16enne è affetto da una malattia genetica con disturbi dello spettro autistico
Così giovane, è diventato un po’ un esperto. «Nonostante le difficoltà di tutti i giorni, certi ragazzi riescono a crescere. All’inizio è quasi impossibile stringere un legame, ci vuole molta pazienza. Non so quanti tentativi sono andati a vuoto». Ma alla fine, sono adolescenti capaci di regalare tantissimo bene: Io non cambierei la mia vita di prima con quella di oggi».