La fashion week perde tre marchi e mille visitatori tra buyer e stilisti
Affari in calo. Collegamenti web con Pechino
Defezioni (di tre marchi, Angel Chen, Ricostru, Hui). Assenze (un migliaio di addetti ai lavori cinesi tra buyer, fotografi, stilisti che non saranno a Milano). Il mancato indotto (il sindaco Sala l’altro giorno parlava di 300 milioni di euro al mese). Effetti del coronavirus sul mondo della moda, ieri riunito a Palazzo Marino — volti tirati, scenari apocalittici — per presentare la settimana delle passerelle in partenza il 18 febbraio. Apprensione per un mercato che vale il 30-40 per cento delle vendite del lusso globale. E che il made in Italy ama più di tutti. Tanto che è il presidente della Camera Nazionale della Moda, Carlo Capasa, ad annunciare la campagna «China we are with you»: per chi non potrà atterrare a Milano, le sfilate, le interviste, i backstage, gli incontri si vivranno online e sui social. In tempo reale (costo dell’operazione circa 300 mila euro). E ad aprire la rassegna — 188 appuntamenti fino al 24 febbraio — ci sarà uno stilista cinese.
Settimana della moda reale e virtuale. Secondo le stime della Camera della Moda, l’impatto del coronavirus «sul settore è attualmente sconosciuto e rende incerte le previsioni per il primo semestre 2020». Certo, «il realizzarsi di uno scenario intermedio determinerebbe una contrazione del fatturato dell’industria moda tra il meno 1,5 e il meno 2,5 per cento rispetto al primo semestre del 2019». Lo spauracchio è quello della Sars, nel 2002-2003 «le esportazioni italiane di moda verso la Cina diminuirono del 20 per cento rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Riportando questo calo percentuale al primo trimestre 2020, la perdita in tre mesi sarebbe prossima a cento milioni».
Peccato, prima dell’emergenza gli affari andavano bene, il 2019 si è chiuso meglio delle previsioni, oltre 90 miliardi di fatturato e un aumento dell’export del 6 per cento. «Tutto lasciava immaginare una crescita al 3 per cento». Si spera in una ripresa primaverile, magari in aprile. Nel frattempo, non resta che insistere sulle vendite online, fa notare Enrico Galluzzo, presidente della società cinese Designers’ Lab: «Questa emergenza accelera un fenomeno in parte già presente: si smobilita il commercio tradizionale e prende forza l’e-commerce. Anche in questi giorni: i cinesi non escono di casa, ma sono sempre connessi».
La moda che costruisce ponti e non alza muri, dice con orgoglio Capasa. «Anche grazie alla tecnologia». Di solidarietà parla Mario Boselli, presidente onorario della Camera della Moda e dell’Istituto italo-cinesie: «Sono vergognosi certi comportamenti verso cinesi italiani che sono nel nostro Paese da una vita». E aggiunge: «Il problema non finisce con le mancate vendite ai cinesi in Cina, ma continua con i mancati acquisti dei cinesi in Italia: sono loro i migliori acquirenti nelle vie del lusso». Il Quadrilatero perde una fetta importante del suo fatturato.
C’è anche chi «resiste». Il brand cinese Annakiki conferma la sfilata in programma il 22 febbraio «a dimostrare la solidità dell’azienda presente da quattro anni nel calendario di Milano Moda Donna». La designer e fondatrice dell’azienda, Anna Yang, sottolinea: «Annakiki è un’azienda organizzata e strutturata seguendo i canoni internazionali, questa è la ragione principale per cui non siamo stati colti impreparati dall’epidemia che sta colpendo il nostro Paese. Nonostante la produzione sia in buona parte made in China, siamo pronti con la collezione da portare in passerella e ci stiamo organizzando per rispettare i termini delle consegne ai negozi».
Sono 56 le sfilate in calendario da martedì 18 febbraio, con 96 presentazioni, 34 eventi di cui sette culturali come la mostra Memos. A proposito della moda di questo millennio, ispirata alle Lezioni americane di Italo Calvino, al Poldi Pezzoli dal 21 febbraio. Responsabile, solidale (il fashion hub alla Permanente ospita «Sino-Italian Fashion Town by Chic Group» sostenendo 8 brand cinesi emergenti, non tutti presenti a Milano), sostenibile. La settimana della moda sarà plastic
free, con guide in carta riciclata e inviti telematici. Ottimista, dopo tutto. Come l’assessore Cristina Tajani: «La preoccupazione c’è, ma c’è anche un grande sforzo per fare funzionare tutto al meglio».
«Shopping in difficoltà, sono orientali i migliori acquirenti nelle vie del lusso milanesi»