Corriere della Sera (Milano)

Noi, pendolari dell’Alta velocità

In viaggio a 300 chilometri all’ora pensando: tutto sotto controllo Da oggi partire sarà più difficile

- di Iacopo Gori

Il primo tuffo al cuore è per i due macchinist­i. Penso a quante volte mi avranno portato a casa o al lavoro in questi 10 anni che faccio il pendolare dell’Alta velocità tra Firenze e Milano. Provo a capire dalle foto se li riconosco: li guardo sempre in volto quando scendono dalla carrozza di testa.

Il secondo pensiero, guardando le prime immagini sul sito del Corriere, è che anche qui è stato come sul ponte Morandi a Genova: poteva essere una strage ancora più drammatica, numericame­nte ben più grave. Il Frecciaros­sa delle 6.55 che prendo tante, tante mattine da Firenze a Milano è strapieno. Come qualunque altro treno su quella tratta. Il caso ha voluto che questo incidente terribile succedesse al primo treno della mattinata, quello che parte prestissim­o da Milano, semivuoto. Se fosse successo a qualunque altro dei tantissimi treni che sfrecciano durante il giorno ora saremmo a piangere almeno duecento morti, se non di più.

Il terzo pensiero a freddo è quello che facciamo tutti noi pendolari (e non) quando viaggiamo su un treno che taglia l’Italia a 300 all’ora e ci sembra normale. «Tutto sotto controllo» penso sempre. Lì dentro ci si sente al sicuro. Penso che nel 2020, con le eccellenze tecnologic­he che abbiamo, viaggiamo sicuri. Che c’è manutenzio­ne e controlli costanti e robot intelligen­ti programmat­i e settati da persone capaci. Altrimenti non viaggerest­i a 300 all’ora su un treno...

Penso così e parto tranquillo, da dieci anni. Da domani forse sarà un po’ più difficile.

Il quarto pensiero invece mi viene in mente ricordando­mi una delle tante discussion­i con uno dei tanti pendolari /conoscenti con cui vai avanti e indietro e con cui dividi una fetta di vita. Una mattina qualche tempo fa un ingegnere dei trasporti di Firenze che insegna a Bologna mi disse, mentre mi lamentavo dei ritardi: «Questa non è più una linea ad alta velocità, è una linea ad alta densità». Aveva ragione. Tanti treni, sempre di più. Forse troppi visto che le stazioni sono rimaste le stesse (tranne la nuova passante di Bologna). Dieci anni fa per fare Milano-Firenze occorreva un’ora e 40 minuti. Oggi due ore. Il motivo: due fermate in più sempre (Rogoredo e Reggio Emilia) e tanti treni in più sulla stessa linea.

Perché i treni vanno sì a 300 all’ora ma quando arrivano nei pressi delle stazioni vecchie e ingolfate rallentano e aspettano il loro turno. Perché Milano Centrale e Firenze Santa Maria Novella e Roma Termini ad esempio sono vecchie stazioni di testa, non passanti. E il treno entra dentro, si ferma ma per ripartire il macchinist­a deve andare a piedi dalla parte opposta del convoglio.

Ora però penso solo che domattina riprenderò il mio solito treno. Sto bene lì sopra, devo dire la verità. Molto. C’è chi pensa che sia un pazzo a fare il pendolare «estremo». E magari non pensa a quante cose si fanno in quel tempo, senza lo stress della macchina da guidare ad esempio. Mi rilasso. Leggo le mail, tutti i siti e i giornali che mi servono, organizzo cose, rompo le scatole ai colleghi, sento la musica in cuffia, chiamo un amico. Dall’inizio del nuovo anno, su ogni Frecciaros­sa è stata creata una carrozza silenzio. Bellissima: non si può telefonare, né parlare a voce alta. I pendolari lo fanno già ma sono ancora tanti i non pendolari maleducati che urlano al telefono e pensano di essere soli all’aperto.

L’alta velocità ormai è parte della nostra vita quotidiana. Non ne possiamo fare a meno. Non noi pendolari, noi italiani tutti.

L’alta velocità è una cosa meraviglio­sa, forse l’unica che ha accorciato e unito davvero il Paese: la metropolit­ana d’Italia, definizion­e quasi perfetta se non fosse per le tariffe che sono più da taxi di lusso che da metropolit­ana.

Domani si riparte. Un po’ meno tranquilli ma soprattutt­o con quel groppo alla gola che non passa per quei due macchinist­i (termine antico per un lavoro tanto moderno e importante) che non ci porteranno mai più avanti e indietro.

Che la terra vi sia lieve cari Mario e Giuseppe, grazie dal cuore di tutto. Eravate dei nostri, pendolari anche voi.

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Sui vagoni dei Frecciaros­sa, inclusi quelli dello schianto
(foto Ansa), si ricorda il traguardo dei 10 anni di attività. Nel corso del tempo sono state aggiunte stazioni, come quella di Rogoredo
Percorso Sui vagoni dei Frecciaros­sa, inclusi quelli dello schianto (foto Ansa), si ricorda il traguardo dei 10 anni di attività. Nel corso del tempo sono state aggiunte stazioni, come quella di Rogoredo

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