«Un incubo che si ripete»
I comitati lombardi E i parenti delle vittime
Il disastro di Lodi riapre le ferite per i pendolari coinvolti nell’incidente di Pioltello. Il 25 gennaio 2018. Tre donne persero la vita. «Più nessuna vita strappata dalla carrozza del treno», avevano chiesto i pendolari. Parole che ieri sono sembrate una tragica premonizione.
Il disastro ferroviario di Lodi è un incubo che si ripete e riapre le ferite per i pendolari coinvolti nell’incidente di Pioltello. Erano in 350 sul 10452 partito da Cremona che deragliò alle 6.55 del 25 gennaio 2018. In un centinaio rimasero feriti mentre tre donne persero la vita: Ida Milanesi e Pierangela Tadini di Caravaggio e Alessandra Pirri di Capralba. Proprio a Caravaggio 12 giorni fa si è tenuta la commemorazione ufficiale: «Più nessuna vita strappata dalla carrozza del treno», avevano chiesto i pendolari. Parole che ieri sono sembrate una tragica premonizione. Scuote il capo di fronte alla nuova tragedia Angelo Tadini, padre di Pierangela: «Ci sono tanti pensieri nella testa che non riescono a uscire. Meglio lasciarli lì». Trova parole di rabbia invece il sindaco di Brignano Beatrice Bolandrini che nel 2018 era nella carrozza di testa del 10452. «È stato come rivivere un incubo che non mi abbandonerà mai. Sono un sindaco ma non mi si chieda di avere fiducia in chi dovrebbe garantire la sicurezza dei viaggiatori! No, oggi provo solo rabbia, sconforto e paura. Da quel maledetto 25 gennaio ogni sussulto delle carrozze è un pugno nello stomaco, ma non posso certo permettermi di non viaggiare più. Penso a chi ha perso la vita ingiustamente, ai familiari che non avranno mai consolazione, il tutto per negligenza, certo non per tragiche fatalità». «Sedevo proprio vicino a dove erano Ida, Alessandra e Pierangela — racconta Franco Valenzano di Bariano che sta riunendo un comitato dei feriti di Pioltello — e mi sono salvato per una casualità. Sono passati due anni ma non abbiamo imparato nulla. Ieri quando ho sentito di Lodi è come se mi si fosse aperto un buco nel cuore e non c’è terapia che aiuti. A lavoro sono andato in auto: è l’unico mezzo che tranquillizza». Tra chi ha dovuto salire sul treno è tornata la paura. Helvezia Gamba è la rappresentante dei viaggiatori di Romano: «È stato come tornare indietro di due anni. Ho iniziato a ricevere telefonate e messaggi, se fossi arrivata, se era tutto ok. L’ansia e la paura è anche in amici e parenti». In occasione del secondo anniversario dell’incidente di Pioltello i pendolari avevano chiesto alla Regione un dossier sullo stato della rete Fs. Ieri il Comitato cremasco ha chiamato le istituzioni alle proprie responsabilità. «Fa male — scrive in un comunicato — pensare che la tanto decantata sicurezza del sistema sembra avere tante, troppe falle. Fa male e rabbia vedere un sistema politico fermo su posizioni ideologiche senza fare nulla di concreto: livelli inaccettabili di sicurezza, di comfort dei materiali rotabili e di puntualità. A Pioltello e a Lodi i binari dell’incidente sono quelli dell’Alta velocità, non di una sperduta tratta in campagna. Non vogliamo morire in treno nel 2020 andando al lavoro o a scuola».