«La musica è un mistero»
Le note dell’anima di Angelo Branduardi
«La musica riflette l’ineffabile suono delle sfere celesti». Era la visione di Ildegarda di Bingen, santa e monaca benedettina, badessa, poetessa, mistica, linguista, erborista, consigliera politica, compositrice di musica sacra vissuta nel XII secolo. Ed è la visione di Angelo Branduardi, che all’opera della «profetessa di Germania» si è ispirato per l’album «Il cammino dell’anima», uscito lo scorso ottobre e cuore del suo concerto di domani al Dal Verme: una suite di 25 minuti in cui si narra il percorso di un’anima divisa tra virtù e tentazioni, con testi tradotti e rielaborati da Luisa Zappa, moglie del musicista milanese cresciuto a Genova.
«La prima volta che sentii le melodie di Ildegarda di Bingen rimasi a bocca aperta», dice Branduardi. «In seguito ho capito che era davvero un’aliena: una donna che non temeva di esprimere le sue opinioni sulle vicende del mondo inviando lettere a pontefici e imperatori, giustamente diventata un idolo delle femministe. Grazie alle sue ricerche si è diffuso anche l’uso del luppolo nella birra». Al Dal Verme il disco, cui ha partecipato in fase d’incisione anche Cristiano De André, sarà proposto nella sua interezza. «Abbiamo rispettato l’orizzontalità delle parole e delle linee melodiche originali e aggiunto progressioni armoniche e accordi, ossia quella verticalità della musica che nel Medioevo ancora non esisteva», spiega Branduardi, che in una traccia, con la voce cavernosa, interpreta il diavolo. «Ma non dimentichiamo la presenza di due pezzi strumentali ai quali corrispondevano due danze: nell’antichità durante le cerimonie religiose si ballava, è un peccato che ormai lo si faccia solo nelle messe gospel afroamericane».
La spiritualità è un elemento focale del suo percorso artistico, si pensi all’opera del 2000 «L’infinitamente piccolo», tributo a San Francesco cui sarà dedicata la seconda parte del concerto: «Per me la musica è un mistero. Come sostiene l’amico Morricone, è la forma d’arte più vicina all’assoluto». Lui ne fu conquistato a 5 anni: «A Genova mio padre, che era un melomane, mi portò dal maestro Augusto Silvestri, che mi mostrò un violino tirolese di fine 600: era stato suonato per secoli al lume delle candele, sapeva di cera, me ne innamorai». Dopo ci sono stati 40 anni di carriera festeggiati nel 2019. «Non ho mai percorso autostrade», osserva Branduardi, 70 anni appena compiuti. «Semmai mi reputo un artista di nicchia che più volte e per caso ha incontrato il mainstream piazzando dei successi internazionali». Tra questi, «Si può fare» e «Alla fiera dell’Est», brano «noto pure ai bambini che non conoscono il mio nome», per dirla con l’autore. «Una canzone diventata patrimonio popolare con cui mi sono assicurato una briciola di immortalità. E questo mi rende felice».
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«Sono un artista di nicchia che qualche volta, per puro caso, ha incontrato il mainstream»