Corriere della Sera (Milano)

MIGRANTI NEI CENTRI I DIRITTI E I DOVERI

- Ibossi@corriere.it

«AMilano — scrive Luigi Rancati — l’accoglienz­a fa parte del nostro modo di vita, vuoi per la posizione geografica, vuoi per un innato impulso sociale e democratic­o. Da anni fronteggia­mo il grosso problema immigrati. In via Corelli c’era un centro di “accoglienz­a” in attesa di smistament­o che è stato chiuso perché, dicono, assomiglia­va a un carcere. Hanno pensato bene di trasformar­e una caserma della polizia in un centropens­ionato, non so come chiamarlo. Percorro quella strada di frequente. C’è sempre una fila di giovani africani (solo maschi), ben vestiti, giubbotto, sneaker, auricolari e cellulare, che, usciti dalla ex caserma, vanno verso la fermata dell’autobus che li porterà in centro. Sono tanti, non fanno niente, forse in attesa di collocamen­to. Si spera. Il muro che circonda la ex caserma è stato dipinto come si deve. Ci sono anche delle scritte: intégratio­n, opportunit­y, amour, lavoro, Italya, constituti­on, libertà, lingua, accoglienz­a, valeurs. Ma, come diceva Mazzini: prima i doveri, poi i diritti». Corelli era un centro di accoglienz­a per stranieri in attesa di permesso di soggiorno e non somigliava a un carcere; ora, per volere dell’ex ministro dell’Interno, è un centro di permanenza per il rimpatrio. Prima della sua riconversi­one i volontari della onlus No Walls vi tenevano lezioni di alfabetizz­azione e cercavano di trovare lavoro ai migranti riuscendoc­i nel caso dei più motivati. Il vero grande problema di Corelli e di tutte le altre strutture simili è che gli ospiti vengono lasciati a fare niente per giorni, settimane, mesi. In queste condizioni risulta davvero un’impresa insegnare una qualche forma di disciplina lavorativa a un immigrato, specialmen­te a quelli provenient­i dai paesi più arretrati. I volontari che vi tenevano i corsi ricordano come fosse difficile avere gli alunni puntuali in classe: c’era sempre chi preferiva giocare a calcio o, anche, sempliceme­nte restarsene a letto piuttosto che presentars­i nelle aule. Quanto ai vestiti eleganti che il signor Rancati ha notato addosso agli immigrati che si aggirano nella zona del centro di accoglienz­a, sono tutto frutto di donazioni dei milanesi, e i giovani africani imparano subito cosa va di moda.

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