«Saranno le Olimpiadi dei territori»
L’ad Novari: nel team un mix di giovani ed esperti. Concorso per migliorare il logo
«Saranno i Giochi dei territori, un mix di giovani ed esperti». Lo dice l’ad Vincenzo Novari, che racconta la struttura snella e sostenibile che ha in mente per le Olimpiadi MilanoCortina. La macchina organizzativa è partita in ritardo di due mesi «Il logo? Una gara per migliorarlo».
Si mette in moto formalmente la macchina organizzativa della Fondazione MilanoCortina 2026: rispetto ai tempi auspicati, il ritardo è di due mesi. «I bandi pubblici hanno fatto slittare un po’ le scadenze che ci eravamo posti ma ragioniamo già come una squadra, nella sostanza tutto è pronto. Alcuni contratti partono lunedì, per iniziare avremo trenta persone. Diventeranno cento entro fine anno e 500 nel 2025, a ridosso delle Olimpiadi». A parlare è il manager Vincenzo Novari (ex 3
Italia): la sua nomina come ad della Fondazione è stata ratificata ieri dal Cda che si è riunito per la prima volta ed è durato cinque ore in teleconferenza, causa coronavirus. Cinquecento persone non sono poche.
«Circa un terzo rispetto ai modelli tradizionali cui siamo abituati. Noi vogliamo una struttura agile e snella, oltre che decentrata per sfruttare risorse e competenze che sul territorio già ci sono. I Giochi del futuro vedranno sul campo “diadi” formate da uomini di grande esperienza affiancati da giovani, o viceversa. Dalla competenza dei primi e l’energia dei secondi nasce il binomio vincente. Va dimostrato che l’Italia sa essere creativa e allo stesso tempo costruire una macchina che funzioni in modo impeccabile».
Sostenibilità è una delle parole chiave.
«Nulla deve essere sprecato. Ad esempio sappiamo fin d’ora che tutti gli impianti saranno convertiti o utilizzati anche dopo i Giochi. Inoltre, sarebbe sciocco avere paura di delegare. I comitati locali sono una grande opportunità per mobilitare risorse e competenze caratteristiche del luogo. Penso a un grande mosaico che permetterà di crescere in modo esponenziale abbattendo i costi, grazie alla partecipazione di tutti».
In un modello di questo tipo, così «diffuso», fondamentali diventano il controllo e la trasparenza.
«Li manterremo saldi: la regia forte è un punto essenziale, sentiamo di averla nel Dna. Ci aiuteremo con uffici dislocati sul territorio, dove convergeranno le forze arruolate in una sorta di outsourcing».
Sono attesi 1,7 milioni di visitatori da tutto il mondo: qual è l’eredità che volete resti, dopo i Giochi 2026?
«I 22 membri del Cda convergono su questo punto: l’eredità che lasceremo non può limitarsi alle infrastrutture. Perché le Olimpiadi siano un ottimo investimento per l’Italia dobbiamo massimizzare l’impatto economico, sociale e anche culturale dei Giochi. In altre parole fare in modo che quella eredità ricada su un territorio il più possibile ampio e per un tempo il più possibile protratto. I numeri saranno da capogiro, avremo, tanto per citare un esempio, 30 mila volontari che entreranno in gioco negli ultimi sei mesi. Dobbiamo investire sullo sport come valore che migliora la vita».
Le vostre entrate finanziarie da dove arrivano? «Essendo una Fondazione non profit di diritto privato, non utilizziamo soldi pubblici. Circa 450 milioni di euro arriveranno dagli sponsor che riusciremo a trovare e dal merchandising; altri 250 milioni dalla biglietteria; altri ancora, sono i contributi del Cio. Il Comitato olimpico internazionale erogherà i fondi a partire dal 2023 e ci ha fatto sapere che potrebbe metterne a disposizione anche di più dei 925 milioni di euro previsti, se il nostro lavoro sarà soddisfacente».
Come contate di chiudere nel 2026?
«In pareggio ma con una ricca eredità per i territori».
Il logo, che rappresenta il Duomo solcato da una pista da sci, cambierà?
«Credo che l’ossatura resterà invariata, ma vorrei migliorarla graficamente. Per quanto riguarda la scelta della mascotte, vorrei coinvolgere i giovani: un concorso che attraversi tutte le scuole, dalle primarie alle università».
Quali sono le prime decisioni operative che avete preso e dovete prendere?
«Su mia proposta il Cda ha subito nominato due donne come componenti del Comitato di gestione: l’avvocato Flavia Scarpellini e il medico ed ex schermitrice Diana Bianchedi».
La sfida più impegnativa? «Mantenere la coesione che abbiamo costruito finora tra i soci della Fondazione. Abbiamo tutti sposato il principio e l’obiettivo a prescindere dalle bandiere politiche».
Il futuro degli impianti
«Nulla deve essere sprecato: sappiamo già che tutti gli impianti saranno convertiti dopo l’evento e i comitati locali vanno coinvolti»