Corriere della Sera (Milano)

CENT’ANNI SENZA MAI ARRENDERSI QUANDO LA MEMORIA È UN TESORO

- Area B Aldo Piacentino Giada Cota Renato Cocchetti gschiavi@rcs.it Maria Olga Vaghi

Ho mandato una email al comune di Milano, richiedend­o di togliere il divieto di circolazio­ne in auto in tutto il territorio milanese, onde evitare l’utilizzo dei mezzi pubblici che potrebbero veicolare la diffusione del coronaviru­s. Attendo risposta dal comune

Medici di base

Sono un medico di medicina generale di Milano. Purtroppo, rispetto a quanto si è sentito in queste ore, i medici di medicina generale di Milano non sono stati attrezzati adeguatame­nte per affrontare la difficile emergenza. Abbiamo aperto i nostri ambulatori senza aver ricevuto direttive specifiche dalla nostra Ats, senza aver ricevuto soprattutt­o i presidi di protezione (guanti, maschere idonee, camici monouso) indispensa­bili per non essere contagiati e per non contagiare i nostri pazienti. Siamo in una situazione pericolosa e siamo lasciati soli ad affrontare l’emergenza; i medici di famiglia sono il primo filtro, siamo esposti a un rischio enor

Caro Schiavi, sono un ragazzo del ’20 e sono arrivato ai cent’anni. Leggo da una vita — lo posso davvero dire — il «Corriere». Senza occhiali, dalla prima all’ultima riga. È la mia compagnia. Mi considero fortunato: fino a 87 anni ho avuto la patente e soddisfatt­o le mie passioni al volante. Le mando il mio libretto di memorie intitolato «Quasi un secolo», scritto con l’aiuto di mia figlia quando ho compiuto 96 anni. Allora avevo tre desideri da esaudire: un viaggio in Transiberi­ana da Mosca a Vladivosto­k; imparare l’inglese; e riacquista­re la casa dove sono nato. Con la Transiberi­ana ce l’ho fatta. Per gli altri due obiettivi i lavori sono in corso…

Caro Cocchetti, non bisogna mai smettere di sognare e di imparare, i suoi desideri sono un incentivo a non arrendersi, a darsi sempre qualche traguardo da raggiunger­e. Auguri doppi, allora, per le nuove imprese che l’attendono. Mi pare di capire che nella vita si è sempre messo in gioco puntando su se stesso e sulle sue capacità. Aveva 15 anni quando si presentò alla sede della Isotta Fraschini, in viale Monte Rosa provenient­e da San Bassano, nel Cremonese, andata e ritorno me e non veniamo tutelati. Spero che possiate dare voce anche al nostro disagio.

Esami rinviati

Risiedo in Lombardia, sono figlia di una persona a cui, solo una settimana fa, è stata diagnostic­ata una grave malattia in bicicletta. Cercavano gente. «Il capo del personale chiedeva a tutti quelli che si presentava­no: “Chi ti manda?”. Quando venne il mio turno dissi: “Nessuno, sono qui per lavorare”. Al che lui si giro verso i colleghi e disse: “Finalmente qualcuno che non è raccomanda­to. Assunto...”». Diventò operaio, ma frequentav­a le serali alla Cardinal Ferrari, sognava di diventare maestro. «Il mio insegnante di latino era il professor Sangalli, in italiano avevo una professore­ssa che mi sgridava perché dormivo… Ma ero stanco morto».

Grazie agli studi viene promosso impiegato, capo magazzinie­re e addetto all’ufficio acquisti. Fallita l’Isotta Fraschini passa alla Breda e poi alla Motomeccan­ica. La voglia di intraprend­ere lo spinge ad aprire anche un’officina, la Meccanica Besnatese: produce ancora i pistoni per i carrelli elevatori degli aerei. Per anni mai un giorno di ferie. Ricordi vividi del tempo di guerra. Il padre morto sotto i bombardame­nti: è lui a tirarlo fuori dalle macerie. Piazzale Loreto, 1945. «Ero nelle prime file quando appesero la Petacci: la gonna le scendeva scoprendol­a e qualcuno disse: “C’è nessuno che ha una spilla?”… Le fissarono la gonna». La memoria è il nostro tesoro, ci aiuta a vedere meno buio nel futuro. Grazie a lei, Renato. oncologica che richiede trattament­o urgente previa esecuzione di indagini diagnostic­he fondamenta­li per la precisa stadiazion­e. Vi scrivo nella speranza che qualcuno riesca a far emergere le conseguenz­e drammatich­e dell’emergenza coronaviru­s sulle persone già fragili che necessitin­o di cure urgenti non correlate all’infezione. Attualment­e

gli ospedali (nel nostro caso il San Gerardo di Monza) sono stati costretti a chiudere svariati reparti tra cui quello di medicina nucleare fino a data imprecisat­a a causa delle precipitos­e, caotiche e allarmate disposizio­ni regionali, che, a quanto pare, non stanno tenendo conto della salute di una quantità incredibil­i di pazienti «silenti» ai quali

Stop per evitare i mezzi

Soli e senza direttive

stanno venendo sospesi dei servizi Salvavita irrinuncia­bili. Dovremo attendere per un tempo indefinito nuove disposizio­ni rispetto alla possibilit­à di esecuzione di una pet già programmat­a con urgenza e che probabilme­nte slitterà di uno o due settimane. Per un malato oncologico questo tempo è infinito.

Pazienti a rischio

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