Il preside «Difendiamo il nostro tessuto sociale»
«La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero...». Sono le parole che aprono uno dei capitoli dei Promessi Sposi dedicato all’epidemia del 1630. Un testo illuminante e di straordinaria modernità che vi consiglio di leggere. C’è già tutto, la certezza della pericolosità degli stranieri, lo scontro violento tra le autorità, la ricerca del paziente zero, il disprezzo per gli esperti, la caccia agli untori. Quelle parole sembrano sbucate fuori dalle pagine di un giornale di oggi. Niente di nuovo sotto il sole, mi verrebbe da dire, eppure la scuola chiusa mi impone di parlare. La nostra è una di quelle istituzioni che con i suoi ritmi ed i suoi riti segna lo scorrere del tempo e l’ordinato svolgersi del vivere civile, non a caso alla chiusura delle scuole si ricorre in casi eccezionali. Non sta a me valutare l’opportunità del provvedimento, quello che voglio però dirvi è di mantenere il sangue freddo, di non lasciarvi trascinare dal delirio collettivo, di continuare — con le dovute precauzioni — a fare una vita normale. Approfittate di queste giornate per fare passeggiate, per leggere. Non c’è motivo per prendere d’assalto supermercati e farmacie, le mascherine lasciatele a chi è malato. La velocità con cui una malattia può spostarsi da un capo all’altro del mondo è figlia del nostro tempo, secoli fa si spostavano ugualmente, solo più lentamente. Uno dei rischi più grandi, ce lo insegnano Manzoni e forse ancor più Boccaccio, è l’avvelenamento della vita sociale, dei rapporti umani, l’imbarbarimento del vivere civile. L’istinto atavico quando ci si sente minacciati da un nemico invisibile è quello di vederlo ovunque e il pericolo è guardare ad ogni nostro simile come ad una minaccia. Rispetto alle epidemie del XIV e del XVII secolo noi abbiamo dalla nostra parte la medicina moderna con i suoi progressi, usiamo il pensiero razionale di cui è figlia per preservare il bene più prezioso che possediamo, il nostro tessuto sociale, la nostra umanità. Se non riusciremo a farlo la peste avrà vinto davvero.