Medici e infermieri, la protesta è in corsia «Noi, in prima linea senza alcuna protezione»
L’allarme: mancano anche le mascherine
L’ultimo, ieri, è stato un medico dell’ospedale di Legnano. Contagiato al Coronavirus per un motivo ricorrente: essere in prima linea. Motivo per cui i medici ora alzano la voce: «Fingere di non accorgersene è come voler mettere la testa sotto la sabbia». È arrabbiato il Presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, Roberto Carlo Rossi. Dice che nonostante i (grandi) annunci ufficiali, sono arrivate «quattro mascherine in croce». E che fronteggiare un’emergenza in queste condizioni è impossibile. «Non dobbiamo aspettare che muoia qualche medico. Ora scopriamo di avere anche il compito di raccogliere le segnalazioni di chi è passato dalle zone del contagio. Aggiungere lavoro in questa fase è assurdo», dice Rossi.
Molti dei medici «al fronte» in questo momento si sentono schiacciati da un grosso caos generalizzato. Una responsabilità fisica e morale. Solo in parte alleggerita dall’effetto freno che ha avuto la psicosi da coronavirus su quella grossa fetta di italiani habitué dei pronti soccorsi, semi deserti in questi giorni. «I medici stanno lavorando in situazioni di esposizione al rischio eccessive e prolungate. Si sta trascurando un elemento della catena pericolosissimo: se i medici esposti dovessero contrarre il virus, chi si occuperebbe della salute dei cittadini?», attacca il presidente dell’Ordine. La questione è delicata: perché c’è un precedente che fa riflettere. Nel 2003, dalla Sars furono contagiati 1707 addetti del personale sanitario: «Il 21 per cento del totale. Praticamente uno su 5», fa notare l’infettivologo Massimo Galli.
Un disagio percepito in città, come in provincia. In particolare nel Pavese, dove sono sempre di più le persone ricoverate. «Chiediamo che gli infermieri e gli operatori sanitari vengano dotati di mascherine e dispositivi di protezione, non soltanto le unità che operano in Pronto soccorso e agli Infettivi». Così hanno scritto i sindacati del comparto sanità alla dirigenza del San Matteo: nelle ultime ore i loro telefoni scottano. Arrivano a decine le lamentele di infermieri che denunciano turni anche di 36 ore e protezioni inesistenti. E c’è chi, come Elena, terminato il turno al San Matteo, si sfoga su Facebook: «Hanno sbagliato a gestire questa emergenza. Avrebbero dovuto adoperarsi per farci avere il materiale a tutela nostra, degli operatori e dei pazienti. Oggi i colleghi di reparti ad alto rischio hanno dovuto lavorare senza le giuste mascherine perché non ce ne sono. Di questo passo avremo positività nei reparti e sugli operatori. Finito il turno si torna a casa, dove abbiamo famiglia, bimbi piccoli, genitori anziani».
Scenari Nonostante le promesse siamo l’elemento della catena più trascurato Ne va anche della tutela dei pazienti
Precedente Nel 2003, per la Sars, furono contagiati 1.707 addetti del personale sanitario: il 21% del totale